Prima di scoprire quale equilibrio e attenzione è necessario al runner per praticare il digiuno intermittente, cerchiamo di capire come funziona. Il digiuno intermittente è una pratica che prevede l’alternanza tra periodi di digiuno e finestre temporali in cui ci si alimenta. Nato in tempi antichi per necessità e spiritualità, oggi è diventato un metodo popolare per migliorare la salute e gestire il peso corporeo.

Nella storia, il digiuno ha radici profonde nelle religioni come l’islam (Ramadan), il cristianesimo (Quaresima) e l’induismo, dove è praticato per purificare corpo e mente. A livello evolutivo, l’essere umano si è biologicamente adattato al digiuno, poiché i nostri antenati vivevano lunghi periodi senza cibo a causa della scarsità di risorse.

Digiuno intermittente, vantaggi e rischi

Negli ultimi anni, il digiuno intermittente è diventato oggetto di studi scientifici per i suoi benefici sulla salute. Si può affrontare seguendo differenti forme di intervallo tra il periodo in cui è consentito mangiare e la fase in cui invece bisogna evitarlo. I sostenitori affermano che il digiuno intermittente migliora la sensibilità all’insulina, promuove la perdita di peso, riduce l’infiammazione e favorisce la longevità. Inoltre, stimola l’autofagia, un processo cellulare che rimuove le componenti danneggiate e favorisce la rigenerazione.

Tuttavia, proprio il digiuno intermittente non è esente da critiche. Alcuni esperti sollevano dubbi sulla sua sostenibilità a lungo termine e sugli effetti psicologici negativi, come le ossessioni alimentari. Per questo, è fondamentale un approccio al digiuno intermittente consapevole e personalizzato. Commentare uno stile alimentare è sempre complesso. Come dico spesso, la scienza della nutrizione è molto giovane, quindi nulla è definitivo. Ovvio ci sono dei principi ormai innegabili, come l’assunzione di macro e micronutrienti, e altri dettami chiari, ma su quale sia la strategia migliore non si hanno certezze.

Con l’intermittent fasting (IF), letteralmente digiuno intermittente, ma anche con la dieta chetogenica e i regimi low carb (a basso contenuto di carboidrati) ci addentriamo in un campo dove il nostro corpo risponde diversamente rispetto a una semplice restrizione calorica. Diventa quindi interessante capire i pro e i contro della pratica del digiuno inter-mittente per noi runner. La corsa ha delle esigenze energetiche importanti e il digiuno può sì sposarsi con la pratica del running ma sicuramente si devono avere delle attenzioni. Può andare bene durante il periodo della preparazione, mentre nei giorni precedenti gli allenamenti di lungo o la gara meglio evitare per non rischiare di avere basse riserve di glicogeno.

Alcuni studi svolti su runner élite che praticavano il Ramadan hanno dimostrato un mantenimento della performance (il test di corsa è stato eseguito alle ore 10 della mattina) anche durante il periodo di digiuno.

Digiuno intermittente, le tre tipologie

Esistono varie forme di digiuno, che per praticità riassumiamo in tre tipi: il digiuno a giorni alterni ADF (alternate day fasting), la dieta 5:2 e il digiuno a fasce orarie TRE (time restricted feeding). Vediamole nel dettaglio:

  • Il digiuno a giorni alterni si pratica alternando un giorno di digiuno (si bevono solo liquidi senza calorie) con un giorno in cui si può mangiare come vuole. Questo tipo di digiuno viene spesso modificato nella variante MADF (dove la M sta per modified, modificato) che nel giorno di digiuno prevede di inserire fino al 30% delle calorie giornaliere.
  • La dieta 5:2 consiste in 5 giorni dove si mangia normalmente e 2 in cui si pratica il digiuno o una forte restrizione calorica. In questo tipo di schema i due giorni di digiuno possono anche essere non consecutivi.
  • Digiuno Tre è il tipo di digiuno più famoso, dove in alcune ore ci si alimenta e in altre si digiuna. I timing più utilizzati sono 16-8 (ovvero digiunare per 16 ore e cibarsi durante le restanti 8), 12-12, 14-10, ma forse il primo è quello più in voga e che anche io uso nel mio ambulatorio.

Le 4 fasi del digiuno intermittente

Il digiuno intermittente prevede 4 fasi: la fase di alimentazione, la fase post-assorbimento/inizio digiuno, la fase digiuno e la fase di digiuno a lungo termine. Il glucosio è la fonte primaria di energia per molti tessuti e dopo il pasto viene utilizzato come fonte energetica principale mentre il grasso viene immagazzinato nel tessuto adiposo.

Durante il periodo prolungato di digiuno, i grassi del tessuto adiposo (trigliceridi) vengono convertiti in acidi grassi e glicerolo e utilizzati ai fini energetici. I processi di accumulo-rilascio di energia sono regolati da due ormoni: l’insulina, che entra in azione dopo che abbiamo assunto i carboidrati, e il glucagone, utilizzato dal corpo per liberare il glicogeno epatico.

Viene definito “switchpoint” quel momento in cui il corpo non accumula più energia attraverso l’insulina ma la rilascia attraverso il glucagone. Secondo alcuni studi questo avviene dopo le 12 ore di digiuno. Questo shift metabolico è una parte fondamentale del processo del digiuno.

Digiuno intermittente, gli effetti sulla corsa

La corsa a digiuno la mattina è qualcosa che conosciamo tutti e che tutti abbiamo provato a fare anche senza collegarla al digiuno intermittente. Chi almeno una volta non è uscito a correre dopo essersi svegliato avendo preso solo un caffè? Ecco, quella era una corsa a digiuno, magari non di 12 ore ma di 8 o 9 ore sicuramente. L’applicazione più comune del digiuno nella corsa è durante i periodi “off-season”, lontani dalle gare, quando vogliamo incrementare la potenza lipidica, ossia la capacità del nostro organismo e dei muscoli coinvolti nella corsa di gestire al meglio i grassi risparmiando zuccheri.

correre a digiuno, cosa dice la scienzapinterest
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Il muscolo, come tanti altri tessuti del nostro organismo, predilige sempre lo zucchero rispetto ai grassi; quindi, l’unico modo per farlo shiftare verso il consumo dei grassi è eliminando gli zuccheri o abbassandoli di molto. Trovo delle similitudini tra la dieta chetogenica (regime alimentare che riduce in modo drastico i carboidrati) e il digiuno intermittente. Ovvio, nella chetogenica si ottimizza l’utilizzo dei chetoni, ma la prima fase delle due diete si sovrappone come processo bio-chimico.

Gli studi sul running e sull’endurance che vanno ad illustrare come procedere per strutturare l’allenamento della potenza lipidica, ci dicono che dobbiamo ridurre i carboidrati la sera prima dell’allenamento oppure anticipare la cena per far passare più ore possibili. Prima dell’allenamento si potrà prendere un té o un caffè per poi fare colazione al rientro. Ovviamente l’allenamento sarà molto blando, sia per ottimizzare l’uso dei grassi sia perché non si avrà abbastanza energia per performare in esercizi dove la richiesta di glucosio è maggiore.

Digiuno intermittente per i runner, si o no?

E torniamo alla nostra domanda iniziale... A mio avviso un runner molto magro non dovrebbe approcciare al digiuno tagliando le calorie; può farlo per i benefici che porta ma deve assicurarsi di assumere tutte le calorie di cui ha bisogno. Se invece si corre per stare bene e per perdere quel filo di pancetta, il digiuno intermittente può essere utilizzato, ma stiamo sempre attenti a gestire l’assunzione di proteine, grassi essenziali, vitamine e sali minerali.

Inoltre, secondo il John Hopkins Center non dovrebbe affidarsi al digiuno intermittente chi ha meno di 18 anni, i diabetici di tipo 1, le donne in gravidanza e chi ha disturbi del comporta-mento alimentare. Nel diabete di tipo 1 un digiuno prolungato potrebbe portare a ipoglicemia e quindi è sconsigliato. Anche nel caso dei disturbi alimentari può essere pericoloso perché può portare sia a una esagerata restrizione calorica sia ad abbuffate eccessive nella fase di alimentazione. Sicuramente è un approccio da valutare con il proprio medico o nutrizionista. In questi casi il fai da te è sicuramente sconsigliato.