Qual è il modo migliore per correre il più forte possibile una maratona? Fai questa domanda a migliaia di runner e otterrai una miriade di risposte diverse. Ma cosa dicono i numeri in merito?
Un nuovo, importante studio ha analizzato per oltre un decennio (dal 2014 al 2023) i dati reali sul ritmo di oltre 146.000 runner in gara alla Maratona di Valencia, nel tentativo di trarre delle conclusioni.
Nell'analisi, i ricercatori hanno suddiviso la maratona in nove segmenti da 5 km per calcolare parametri come il ritmo (uniforme, positivo o negativo), il momento in cui può sopraggiungere una crisi (il rallentamento maggiore - oltre il 7,3% - è stato individuato tra i chilometri 25-35) e se i runner sono riusciti a "dare il massimo" negli ultimi 2,2 km della maratona. Ecco alcuni dei dati chiave emersi.
Uomini contro donne in maratona
Le donne per tutti i 42km hanno mantenuto un ritmo più uniforme rispetto ai runner uomini (77,6% contro 74,3%), ma avevano maggiori probabilità di sbattere contro il muro sia al 30 km che al 35 km.
Diversi studi precedenti avevano già attestato la superiore capacità di mantenere il ritmo delle runner, un fattore che potrebbe anche spiegare la loro abilità nelle ultramaratone.
L'importanza del ritmo costante
La scoperta più importante è che i runner che hanno corso a un ritmo costante per l'intera gara hanno completato la maratona dai 27 ai 34 minuti più veloce rispetto a quelli che hanno registrato un significativo split negativo (o positivo) nella seconda parte.
Questo è un vantaggio prestazionale davvero da non sottovalutare e rappresenta un motivo più che sufficiente per rendere il controllo del ritmo una priorità nell'allenamento per la maratona.
Incappare nel muro
Secondo questa analisi, il segmento chilometrico in cui il ritmo tipicamente crollava era quello dai 30-35 km. È qui che la maggior parte dei corridori rischia di "sbattere contro il fatidico muro".
Questo è particolarmente vero per i runner più anziani e quelli più giovani (di età inferiore ai 23 anni): entrambe le fasce demografiche mostravano maggiori rallentamenti legati alla fatica in questa fase della maratona.