Dean karnazes, ultramarathon man

Correre 50 maratone in 50 giorni in 50 Stati, dall’Alaska alle Hawaii, anche agli occhi di un podista esperto può sembrare una vera e propria follia, ma non a quelli di Dean Karnazes, meglio noto come Karno. Infatti, quella che ufficialmente viene chiamata “The Endurance 50” è solamente l’ultima impresa di “Ultramarahon Man”, l’atleta americano di origine greca che ha battuto ogni tipo di record da quando anni fa ha abbandonato gli amici al bar, la vita sedentaria e il vuoto che quell’esistenza gli procurava, per correre tutta la notte per 48 chilometri di fila. Da quel momento la sua vita si è trasformata e ogni minuto libero lo passa a correre, allenandosi anche sette giorni a settimana. Forse l’attitudine e la passione per le prove di endurance derivano proprio dalla lontana parentela con Filippide (i suoi genitori provengono entrambi dalla stessa regione che ha dato i natali al mitico ultrarunner), ma correre per lui, oltre al rifiuto della tranquillità del “sogno americano”, è diventato anche un atto d’amore verso lo sport e un forma di tributo alla sorella Jane (morta tragicamente in un incidente anni fa) che l’aveva sempre supportato e incoraggiato. Dean è qualcosa di più di un normale podista e anche qualcosa di diverso da un ultramaratoneta. È un atleta polivalente che ama le avventure al limite delle sue possibilità, in tutti gli ambiti sportivi: infatti è esperto surfista, snowboarder e triatleta. La pratica di questi sport lo porta ad avere una struttura fi sica diversa da quella dei corridori tradizionali. In particolare per quanto riguarda il busto e le braccia che presentano una muscolatura molto definita. Effettiva- mente un corridore puro è più magro di Karnazes e quindi anche più veloce, anche se questo finora per lui non ha rappresentato un problema. Non è stato solo il suo fisico scolpito, simile a quello delle statue greche, a renderlo un soggetto molto interessate per i mass media (cosa piuttosto insolita per un atleta che si dedica a imprese estreme), ma anche il suo viso da bravo ragazzo, la sua personalità stravagante e naturalmente le sue imprese eccezionali. La rivista Sport Illustrated Women l’ha addirittura inserito tra i dieci atleti più sensuali del mondo. LE FATICHE DI ERCOLE L’elenco delle sue avventure è veramente lungo: Karnazes ha percorso 350 miglia in più di 81 ore di corsa senza pause, ha pedalato in sella a una mountain bike per 24 ore filate, ha attraversato a nuoto la baia di San Francisco, ha corso in piena estate attraverso la Valle della Morte per 217 km e alla maratona del Polo Sud a una temperatura di meno quaranta gradi. La sua ultima impresa che prevedeva 50 maratone in 50 giorni di seguito è iniziata il 17 settembre 2006 alla partenza della storica Lewis & Clark Marathon nello Stato del Missouri ed è terminata con l’ultima della serie di classiche 42 km, quella di New York il 5 novembre 2006. Dean è stato sostenuto nell’impresa da numerosi fans e da atleti provenienti da ogni angolo degli Stati Uniti. Attraverso il suo esempio Karnazes vuole fare in modo che anche la maratona, che normalmente rappresenta un traguardo solo per pochi corridori particolarmente motivati, sia alla portati di tutti quelli intenzionati a confrontarsi con i propri limiti. L’ arrivo di ognuna delle 50 gare si è trasformato in una festa in onore dello sport e, dopo aver terminato la fortunata serie di corse, Karno ha ripreso, naturalmente di corsa, la strada di casa. Dalla Grande Mela a San Francisco, all’altro capo degli Stati Uniti, macinando una gran quantità di chilometri. Anche in questa “impresa” non ufficiale Dean è riuscito a coinvolgere non solo la sua famiglia, ma anche tutti i fans che hanno potuto seguire il suo tragitto tramite internet. In realtà ha poi deciso d’interrompere la sua lunga corsa a St. Charles, nel Missouri, dopo “soli” 2.000 chilometri. Dean è stato sostenuto nell’impresa da numerosi fans e da atleti provenienti da ogni angolo degli Stati Uniti. Attraverso il suo esempio Karnazes vuole fare in modo che anche la maratona, che normalmente rappresenta un traguardo solo per pochi corridori particolarmente motivati, sia alla portati di tutti quelli intenzionati a confrontarsi con i propri limiti. L’arrivo di ognuna delle 50 gare si è trasformato in una festa in onore dello sport e, dopo aver terminato la fortunata serie di corse, Karno ha ripreso, naturalmente di corsa, la strada di casa. Dalla Grande Mela a San Francisco, all’altro capo degli Stati Uniti, macinando una gran quantità di chilometri. Anche in questa “impresa” non uffi ciale Dean è riuscito a coinvolgere non solo la sua famiglia, ma anche tutti i fans che hanno potuto seguire il suo tragitto tramite internet. In realtà ha poi deciso d’interrompere la sua lunga corsa a St. Charles, nel Missouri, dopo “soli” 2.000 chilometri. alla media ma comunque inadatto a un maratoneta professionista in grado di esprimersi ai massimi livelli. Il fisico di Armstrong, invece, riesce a giovarsi di circa l’80% dell’ossigeno respirato, una percentuale da record. In particolare, il nuovo allenamento seguito dall’ atleta di origine greca ha previsto delle ripetute volte ad aumentare la velocità della corsa e un nuovo tipo di dieta. Questa contempla un apporto maggiore di carboidrati a scapito delle proteine: lo scopo è quello di aumentare la percentuale di grasso presente nel corpo di Dean. Alla fine dell’ allenamento, la massa grassa del 4,8 circa presente solitamente nel suo fisico, dovrebbe raggiungere almeno una percentuale dell’8%. Questa riserva è utilissima al fisico dell’atleta per far fronte agli sforzi prolungati a cui si sottopone. Le proteine invece, in base al nuovo programma alimentare, vengono assunte da Karnazes la sera, in una quantità limitata in grado di riparare le fibre muscolari danneggiate dallo sforzo, senza appesantirlo. Dean, insomma, sembra dire addio alla dieta a base di dolci e pizza di cui parla nel suo libro Ultramarathon Man - Confessioni di un Corridore Estremo, in cui racconta come è diventato famoso per aver ordinato via telefono il mitico piatto italiano, ed esserselo fatto portare non a un indirizzo preciso, ma lungo la strada, dove naturalmente ha consumato il pasto senza smettere di correre. Percorrere da soli centinaia di chilometri può portare anche ad alcuni inconvenienti curiosi, per esempio delle vere e proprie allucinazioni, che il corridore svela sempre nel suo libro, sotto forma di aneddoti anche esilaranti. Come quando dice Lui comunque rimane sempre il più noto ultramaratoneta al mondo, famoso non solo per i chilometri consecutivi che le sue gambe sono capaci di sopportare, ma anche per il suo contagioso entusiasmo, l’attenzione alle tematiche sociali, una storia familiare simile a quella di un romanzo e un fi sico scolpito capace di suscitare l’interesse di numerose fans. Dean Karnazes inoltre è un personaggio avventuroso che ha saputo costruire la sua immagine impresa dopo impresa, attirando l’attenzione di un pubblico sempre più vasto al punto che il suo nome comincia a circolare, almeno tra i podisti, anche qui da noi in Italia. Fatevi contagiare dalla sua voglia di mettersi in gioco e di misurarsi con i propri limiti, ma sappiate che per diventare un ultramaratoneta ci vogliono, oltre al coraggio, anche una volontà di ferro e giorni e giorni di allenamento e sacrifi ci. che alcuni mesi fa, durante un allenamento, è stato affiancato da una macchina con a bordo un orsetto lavatore, un opossum e altri animali che soltanto lui era in grado di vedere. IL SUO FUTURO La lista delle imprese di Karnazes è destinata ad allungarsi nei prossimi mesi con gesta ancora più spericolate di quelle che ha già portato a termine fino ad ora. Nella testa di Dean sta già balenando l’idea di scalare il monte Everest senza ossigeno partendo da Katmandu, oppure quella di fare surf attorno alle isole Farallon, acque notoriamente infestate da squali. Non sembra preoccuparlo il fatto che atleti molto più giovani di lui si ispirino alle sue imprese e tentino spudoratamente di imitarlo. I SUOI CONSIGLI Noi di Runner’s World abbiamo voluto fare alcune domande all’atleta americano, che non ha esitato a darci dei preziosi consigli, utili per diventare un ultramaratoneta o quanto meno per provare a imitarlo. Te lo hanno già chiesto in tanti, ma cosa provi quando sei al limite delle tue forze? «Io adotto una tecnica che chiamo “baby step”. Invece di pensare alle distanze che mi restano da percorrere, che possono essere demotivanti e incolmabili, mi concentro soltanto sul percorrere quello che mi resta un passo alla volta. Anche se ci sono ancora centinaia di chilometri davanti a me, non ci penso. Penso solo al presente e mi limito a mettere un piede davanti all’altro, a piccoli passi. Seguendo questa tecnica, è possibile sia riuscire a proseguire sia crollare. In entrambi i casi è comunque una bella avventura». Si dice che hai davvero imparato a dormire correndo. «Non è che ho realmente imparato a dormire correndo: è semplicemente successo. Durante una gara di 200 miglia, la seconda notte che non dormivo mi sono svegliato nel bel mezzo della strada e ho realizzato che pur continuando a correre mi ero fatto un bel pisolo». Mai corso in Italia? In Europa? «Sì, sono stato sia in Europa che in Italia. Correre da voi mi piace moltissimo, specialmente sulle Dolomiti. Posso usufruire di una casa a Cortina, che è uno dei miei posti preferiti al mondo. Inoltre, da quando è uscito il mio libro ho ricevuto molti splendidi messaggi da tutte le parti d’Italia. Amo molto gli italiani e il loro straordinario spirito». Cosa suggerisci a un podista che si accosta per la prima volta a un’ ultramaratona? «Cominciare con una gara da 50 chilometri e prendersela con calma. Correre la prima ultramaratona con un’andatura rilassata, poi spingere fi no alla fi ne, ovviamente se rimane ancora dell’energia». Esiste un limite di chilometri consecutivi che un uomo può correre? «Il corpo umano è una macchina straordinaria e ritengo che stiamo solo cominciando a capire fi no a che punto è realmente in grado di spingersi. Il limite fi no a cui ciascuno può correre è più una questione di percezione a livello mentale che una questione reale». Come vedi il futuro delle imprese sportive estreme? «L’ultramaratona sta crescendo in modo incredibile. Credo che ci sarà sempre un interesse da parte degli atleti per l’esplorazione dei limiti del proprio potenziale. E le prove di endurance sono sicuramente un ottimo modo per sperimentarla».