Nel weekend “lunghissimo” del 20-23 ottobre si è svolta nell’isola de La Réunion la 30sima edizione della Diagonale des Fous, uno degli ultratrail più duri e iconici del mondo. Il nome ufficiale è in realtà Grand Raid de la Réunion per la distanza maggiore dell’evento, che è di circa 165 km, con 10.000 metri di dislivello positivo, quindi simile all’UTMB, ma molto più duro per via del terreno, spesso tecnico, con interminabili salite e discese lungo gradoni altissimi, o improbabili sentieri scavati tra le rocce, oltre al clima tropicale (l’isola si trova nell’Oceano Indiano, non lontano dalla più famosa e turistica Mauritius, a est di Madagascar), con notti fredde e umide nei punti più alti, caldo afoso nelle parti centrali e scrosci di pioggia pronti ad arrivare in qualsiasi momento.
Essendo territorio francese, la gara è una delle più sentite per i transalpini, con quasi tutti gli atleti più forti che hanno prima o poi provato a confrontarsi con gli agguerriti atleti locali, i quali non vedono l’ora di battere i métropole, ovvero appunto i francesi continentali, in questa gara che per l’intera isola vale come Capodanno e Natale insieme.
Sono personalmente innamorato di questo posto, dove ho corso 4 volte, tra cui il 7° posto del 2014 (poi due ritiri e un 23°). Lo scorso anno Daniel Jung aveva rotto il ghiaccio per quanto riguarda le vittorie italiane in queste gare, tagliando il traguardo insieme al francese Ludovic Pommeret.
Fino ad alcuni anni fa erano pochi gli ultratrail che potevano ritenersi più importanti, tanto che per anni è stata la sfida finale dell’ormai defunto Ultra Trail World Tour, anche grazie al fatto di essere spesso una specie di esame di riparazione per chi avesse “fallito” all’UTMB. Uscita dal circuito, con sempre più gare a fare da concorrenza e con l’aggiunta della pandemia, la competizione sembra essere leggermente diminuita, ma senza che il fascino sia intaccato e con la presenza comunque di grandi atleti.
I campioni della Diagonale des Fous
Il favorito tra gli uomini per quest’anno era Francois D’Haene - insieme a Kilian Jornet, il più forte su queste distanze - che ha dovuto però dare forfait pochi giorni prima della gara per un infortunio. D’Haene ha avuto ugualmente modo di essere protagonista, facendo da assistenza alla compagna di team Courtney Dauwalter, americana già vincitrice di UTMB 2019 e 2021 (con prestazione super), Westerns States 2018 e Hardrock 2022, riempiendola di utilissimi consigli. Tanto che l’americana ha fatto una prova incredibile, vincendo tra le donne col tempo “folle” di 24h37’, 4° posto assoluto a poco più di un quarto d’ora dal podio e a 1h23’ dal vincitore assoluto, il francese Beñat Marmissolle, già 6° all’UTMB di quest’anno.
Il tempo della Dauwalter è ovviamente il record femminile, anche se il percorso è variato spesso negli anni, a causa di frane o altre modifiche, col ritmo che può cambiare tantissimo a seconda delle condizioni dei sentieri e della presenza o meno di fango o altri ostacoli. Ma rimane una prestazione super, l’ennesima della sua incredibile carriera, non solo perché davanti a fortissimi uomini, ma anche perché come americana è riuscita in quello che tantissimi trailrunners americani non sono riusciti, sia in quest’isola, che sui sentieri di Chamonix, con partenze controllate, ritmi costanti durante tutta la gara, senza alcun cedimento, con una serenità disarmante, segno che forse non sono i sentieri troppo tecnici ad essere ostici agli americani, ma l’approccio alle gare e tattiche più facilmente gestibili.