Ci sono un fratello e una sorella. Vivono a Conegliano, un paese piccolino, se pensiamo al mondo. E c’è una metropoli che, in fondo, si trova appena alla fine dell’ultima strada della paese piccolino. E in quella metropoli, enorme e che non dorme mai, ci si può andare. Magari anche a correre.

Lui è Simone Menin, 26 anni, una voglia di vivere potente e una passione innata per lo sport. Super Simo convive con una tetraparesi spastica-distonica provocata da una lesione cerebrale alla nascita e vuole fare una corsa a New York.
Lei è sua sorella Beatrice, 30 anni tra poco, e se c’e una cosa che conosce bene è la differenza tra sogni e desideri.
Beatrice e la famiglia Menin alcuni mesi fa lanciano una campagna di raccolta fondi, “Il sogno di Super Simo”, sulla piattaforma “Go Fund Me”. L’obiettivo è acquistare una speciale carrozzella sportiva per permettere a Simone di partecipare alla maratona di New York del 5 novembre prossimo, in un team duo.

Beatrice, come inizia questa storia?

Tutto nasce da Simone. Una mattina dice: “Anch’io voglio andare a fare una corsa a New York”. Per gioco in famiglia ci siamo informati e alla fine ci siamo trovati dentro questa avventura.

Com’è stato organizzare il percorso verso gli Stati Uniti?

Difficile, da un punto di vista burocratico, le informazioni sono scarse e contraddittorie. Abbiamo acquistato 4 pettorali. Dopo un mese abbiamo scoperto che disabile e spingitore, che può essere soltanto uno, devono affrontare il percorso apposito per i duo team. È iniziata una trafila di documenti e approvazioni, all’esito della quale è emerso che la carrozzina che usa mio fratello per le corse non fosse conforme agli standard statunitensi. I contatti con l’organizzazione avevano comportato lo scorrere dei mesi, e ci siamo trovati con solo 7 giorni lavorativi per confermare il possesso della carrozzina richiesta. Costo: 5mila euro che il fornitore ci ha un po’ scontato. Abbiamo pensato all’istante alla raccolta fondi, sembrava impossibile, ma volevamo provarci. In una sera abbiamo lanciato la campagna. Ricordo che erano le 23 e abbiamo tutti trascorso la notte tra tam tam social, telefonate, WhatsApp. Pian piano le persone reagivano. Prima amici, poi amici di amici, poi sconosciuti. Alle 23 della sera dopo la cifra era raggiunta. Pazzesco. Tengo a precisare che abbiamo lasciato la raccolta aperta per le spese legate al viaggio, come il trasporto della carrozzina che, altra cosa che abbiamo scoperto, essendo da corsa è considerata una bicicletta, con tutte le relative spese.

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E’ sicuro che Simone parteciperà alla maratona?

No, perché i duo team partecipano ad un sorteggio. Stiamo attendendo che l’organizzatore ci dia la certezza della partecipazione definitiva. Comunque noi a NY ci andiamo, perché è un suo progetto e Simone la sua corsa a New York la farà, fosse anche fuori dalla maratona.

Evento che lei correrà. Come è andata la preparazione?

Ho iniziato a correre a febbraio, il resto è stato tutto un divenire. Il momento più emozionante credo sia stato alla mezza di Trieste, quando ero in crisi e mi sono trovata a spingere la carrozzina di mio fratello che mi incitava. Lui a me. Ha una forza pazzesca. 15 anni fa abbiamo scoperto che c’era un modo per farlo sciare e adesso scia grazie ai maestri di San Vito di Cadoreò. Gioca a hockey col Treviso e si sta organizzando per far parte di una squadra di bocce paraolimpiche a Noventa di Piave.


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Lei, Simone e vostra sorella Giorgia siete sportivi insomma.

La passione è nata giocando in casa. Nostro papà è sempre stato molto sportivo e ha contagiato mia mamma. Mio nonno mi portava a giocare a tennis sotto il sole. Si chiamava Giorgio, e ho tatuato il suo soprannome sul piede destro: Oscar. È stato difficile trasferire la passione a Simone. È nato nel 1997 e tanti sport paraolimpici sono venuti dopo. Senza Simone non avrei iniziato a correre, non vedevo il motivo. Quando sa che mi devo svegliare presto per allenarmi prima del lavoro, mi scrive un messaggio per darmi la carica. Questa cosa della corsa mi piace, perché possiamo condividerla insieme e, sinceramente, pensavo non fosse possibile.

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Simone come vive questo momento?

È un’emozione continua, come un bambino alla vigilia di Natale. Sono convinta che non siamo stati gli unici al mondo a sbattere contro gli ostacoli burocratici che ci sono stati e soprattutto non sapere prima il percorso formali da seguire. Mi sarebbe piaciuto tanto poter avere consigli da qualcuno che aveva già vissuto questa esperienza. Ci saremmo adeguati ai tempi di risposta, di pazienza e di attesa. Quando torneremo ci piacerebbe descrivere in un blog l’esperienza, per metterla a disposizione di altri.

Intanto, da questa esperienza è nata un’associazione. Che finalità promuove?

Super Simo’s Family è una Onlus, presieduta dall’avvocato Stefano Bof, per la promozione sociale dedicata all’ambito sportivo, proprio per far conoscere a disabili e abili che lo sport può essere per tutti, che unisce, e per cercare di diffondere le discipline che possono essere svolte anche da disabili. Ci piace dire “Diversamente abili, ugualmente sportivi”, per far sentire le persone meno sole, più integrate tramite lo sport. Provate, uscite di casa. Questo è”.

La differenza tra sogno e desiderio sta nel fatto che i sogni presuppongono cassetti, i desideri azioni.