Le tre strisce sono un segno inconfondibile, eppure ci sono stati anni (molti) in cui uno dei brand più celebri al mondo apparteneva a un’azienda concorrente. Un po’ come se la mela morsicata di Apple avesse fatto bella mostra di sé su generazioni di computer nati lontano da Cupertino.
Andiamo con ordine: per quanto la “Gebrüder Dassler Schuhfabrik” producesse scarpe sportive fin dal 1924, l’atto ufficiale di nascita di Adidas risale al 1949, quando la lite tra Adolf e Rudolf Dassler portò il secondo a fondare “Ruda”, la compagnia che nel giro di pochi mesi avrebbe cambiato nome diventando “Puma”.
Jesse Owens e le scarpe dei fratelli Dassler
Prima della frattura - maturata per una serie di questioni che vanno dagli scomodi rapporti con Hitler al ruolo in azienda di Käthe Martz, volitiva moglie di Adolf - i due fratelli non avevano scherzato: insieme fornivano le scarpe agli atleti tedeschi fin dai Giochi del 1928, e alle Olimpiadi di Los Angeles ’32 il bronzo sui 100 metri dell’ex pugile prussiano e futuro ufficiale delle SS Arthur Jonath fu la prima di una lunghissima serie di medaglie targate Dassler.
A Berlino, Rudolf era riuscito persino a convincere Jesse Owens a scendere in pista e pedana con un paio di tedeschissime scarpe chiodate. Solo che le strisce non erano tre, ma due. E non erano un marchio, ma un semplice sostegno laterale della tomaia. Il logo originale dell’azienda aveva un che di marziale, e non c’è da stupirsi, visto che Adidas e Rudolph avevano aderito al nazismo fin dai primi anni Trenta: una scarpa stilizzata che, all’interno di uno scudo, prendeva il volo trascinata da un uccello dalle grandi ali.
Adolf Dassler, un uomo al comando
Nel 1949, quando Adolf “Adi” Dassler cominciò la sua nuova vita di imprenditore solitario, le three stripes avevano già vinto 15 medaglie olimpiche. Senza di lui: erano stati i finlandesi della Kahru, noti per aver calzato generazioni di fondisti scandinavi a partire dal grande Paavo Nurmi, a decorare così le loro scarpe in occasione delle Olimpiadi casalinghe di Helsinki ‘52. Un’idea vincente, non soltanto per l’estetica: con quel modello nero, con le strisce diagonali in bianco a fasciare la tomaia dall’alto verso in basso, aveva corso anche Emil Zatopek, la “locomotiva umana” primo e finora unico atleta capace di vincere 5000, 10000 e maratona nella stessa edizione dei Giochi.
1.800 dollari e “tre bottiglie di ottimo whisky”
Ce n’era abbastanza per entrare nella storia dell’iconografia sportiva. Ma può succedere che, nella stessa azienda, grandi atleti e ottimi calzolai si accompagnino a uomini marketing poco lungimiranti. Fu così che nella fredda Helsinki, i vertici della Kahru decisero di rinnovare la produzione sostituendo le strisce parallele con una M stilizzata. M come “mestari”, la parola che in finlandese significa “campioni”. Dassler - che fino allora aveva usato comunque le tre strisce per i suoi modelli, lasciandone due nel logo ufficiale, disegnato allungando verso l’alto le D della parola Adidas - fiutò il colpo e comprò ufficialmente il logo: la leggenda, forse non troppo lontana dalla verità, racconta di un prezzo fissato nell’equivalente di 1.800 dollari e “tre bottiglie di ottimo whisky”.
Trefoil, il trifoglio di Adidas
Nel 1971, alla vigilia del ritorno dei Giochi Olimpici in Germania, Adidas iniziò la produzione di abbigliamento sportivo, trovandosi nella necessità di declinare il concetto alle necessità di tute, felpe, calzoncini, magliette e accessori. Lo studio, che il sito ufficiale attribuisce semplicemente a “un team di leader Adidas e un paio di designer di un’agenzia creativa tedesca”, portò alla nascita del “trefoil”: tre foglie affiancate in verticale e attraversate orizzontalmente dalle tre strisce. Alla base la scritta “adidas” tutta in minuscolo adottata nel 1967, con le due D più basse rispetto al passato, con il vertice allineato al puntino della I. Il “trifoglio” marchiò la produzione Adidas dalle Olimpiadi di Monaco fino al 1991. Fino al 1976 solo sull’abbigliamento, dai Giochi di Montreal in poi anche sulle scarpe.
Le tre strisce affiancate in diagonale
Le riunioni per la creazione di un nuovo marchio iniziarono nel 1989, sotto la guida di Peter Moore, un designer americano che per dieci anni, dal 1977 al 1987, aveva lavorato per Nike, creando la silhouette nera che caratterizza le “Air Jordan 1”. Fu lui a ideare l’attuale logo di Adidas, la “montagna”, con le tre strisce affiancate in diagonale in modo da disegnare un triangolo. Se le primissime stripes non avevano un significato reale (Adi Dassler disse semplicemente di averle adottate perché “gli piacevano di più” rispetto alle due usate da Owens), e il “trifoglio” è stato variamente interpretato (secondo alcuni le tre “foglie” potrebbero rappresentare Europa, America e Asia, i tre continenti in cui Adidas vendeva i suoi prodotti, secondo altri sarebbero il simbolo dello spirito olimpico), la “montagna” ha ufficialmente un significato preciso: rappresenta le difficoltà che gli atleti devono superare e i traguardi che possono raggiungere.
Tre strisce, tre loghi per 100 anni di storia
Nel 2002 ai due marchi più noti (il “trifoglio” oggi caratterizza la produzione vintage di Adidas, a partire dalle sneakers senza tempo firmate dall’ex tennista Stan Smith) si è aggiunto il “circle logo”: un cerchio nero con le tre strisce disegnate in modo da sembrare il graffio di un felino. Il “cerchio”, attualmente, caratterizza la produzione destinata alla moda: scarpe, accessori e abbigliamento. Tre strisce, tre loghi, quasi un segno per una saga che nel 2024 raggiungerà il secolo di storia.