Ida da una parte, Noah dall’altra. Entrambi tenuti ben stretti nelle mani grandi di papà Alex. Tutti e tre di spalle, davanti a una pista di atletica bagnata di acqua, abbracciata da un cielo grigio sullo sfondo. Una foto, postata sul profilo di Alex Schwazer, domenica: 7 luglio 2024.

Non certo un giorno a caso. "Oggi – scrive sui social il marciatore altoatesino che a dicembre compirà 40 anni – scade il termine della ingiusta squalifica che ho dovuto scontare per intero. Mi auguro che a nessun atleta venga mai riservato il trattamento che ho dovuto subire in tutti questi otto anni per difendere e tutelare il mio onore e la mia dignità, per provare la mia innocenza, per cercare di ottenere giustizia e per dimostrare la verità".

Perché Alex Schwazer è tornato un uomo sportivamente libero: dopo otto anni fatti di buio e tenui barlumi di speranza, e una battaglia legale senza esclusione di colpi da quando, alla vigilia dei Giochi di Rio 2016, la positività al doping di fatto chiuse la sua carriera agonistica.

Alex Schwazer, lo sfogo sui social

Nel suo lungo post-sfogo cita le parole giustizia e verità che in sede penale l’ex azzurro ha ottenuto, con l’archiviazione del caso e il riconoscimento da parte dei giudici di Bolzano che ci fu manipolazione della provetta. La tesi sui cui ha fondato tutto l’iter per dimostrare l’innocenza, che però in sede sportiva non è stata riconosciuta: anche le ultime istanze, quelle che chiedevano uno sconto per poter sperare nella qualificazione alle Olimpiadi di Parigi (al via il 26 di questo mese) sono state respinte.

"Ringrazio tutti – continua il marciatore – quelli (pochi) che mi sono stati vicini in questo doloroso (ed infernale) percorso, quelli che non mi hanno mai abbandonato, quando sarebbe stato facile farlo, quelli che hanno lottato con me e sofferto assieme a me per l’ingiustizia che dovevo sopportare e per il trattamento che mi veniva riservato. Ringrazio, infine, quelli (molti) che dopo aver compreso la mia innocenza ed estraneità ai fatti di cui ero stato accusato, mi hanno fatto sentire (seppur a distanza) il loro affetto e vicinanza, grazie".

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Per Schwazer quella al testosterone del 2016 era una seconda positività: la prima di tre anni e sei mesi risaliva al 23 aprile 2013. Si trattò di epo e lì il marciatore ammise di essere colpevole. Dopo quello stop il rientro per tornare ai massimi livelli e la scelta di affidarsi a Sandro Donati, coach paladino della lotta al doping. Poi nel 2016 la positività (al testosterone) da sempre contestata dall’azzurro che fino alla fine ha cercato di dimostrare che erano stati alterati i campioni.

"Il buio – dice ancora lui – e le tenebre per l’ingiustizia subita faranno ora posto alla luce di un nuovo giorno nel quale potrò accompagnare i miei figli a gareggiare in una piscina o in una pista di atletica senza per questo incorrere in squalifiche (cosa che sarebbe avvenuta fino a ieri)".

La voce dei social

"Un’ingiustizia senza eguali – commenta un suo fan sotto il post del marciatore –. Un uomo con la schiena dritta. Un sistema delinquenziale. A testa alta Alex Schwazer vittima di un sistema ingiusto". Già, perchè alle Olimpiadi Schwazer non ci sarà, l’ultimo no è arrivato dal Tas.

Un paradosso che non potrà mai cancellare però tutto quello che di grandioso ha fatto nella sua carriera. Perché, scrive Paola, "resti sempre un Campione, con la C maiuscola. E questo non te lo può togliere nessuno!".