Chiamatelo doping tecnologico o come altro volete. Ma nel giro di pochi giorni i notiziari sportivi hanno raccontato tre squalifiche clamorose che hanno colpito atleti accusati di aver gareggiato con un’attrezzatura considerata irregolare dai regolamenti.

Tre casi diversi, per impatto e coinvolgimento dei responsabili, ma egualmente significativi: la scienza al servizio dello sport non lavora soltanto per migliorare la cura del corpo e le metodologie di allenamento, ma interviene anche sugli strumenti usati dagli atleti.

Doping tecnologico: dall'atletica, al nuoto fino allo sci

Non è una novità: basti pensare ai costumi gommati che hanno portato al miglioramento di tutti i primati mondiali del nuoto, fino alla loro messa al bando nel 2009. O al clamoroso 19”7 sui 200 metri di John Carlos, addirittura nel 1968, record del mondo cancellato dagli archivi per via di un numero eccessivo di chiodi montati sulla suola delle scarpe da gara.

Quella che sembra nuova è la voglia di barare, o nella migliore delle ipotesi la superficialità con cui ci si presenta in gara: se i controlli antidoping sono ormai capillari e precisi, le verifiche sulle attrezzature sembrano meno rigorose, tanto da indurre qualcuno a non controllare abbastanza le novità messe sul mercato. O a pensare di poterla fare franca. O addirittura di poter mettere nei guai gli avversari con un’azione di sabotaggio.

Il salto truccato

L’ultimo caso ha sconvolto i Mondiali di sci nordico, appena conclusi a Trondhein, in Norvegia. Lo scandalo ha coinvolto la squadra di casa in una disciplina che da quelle parti è quasi una religione: il salto con gli sci. Tutto è iniziato durante la gara dal trampolino grande, quando un'emittente televisiva polacca ha trasmesso un video che mostrava membri dello staff tecnico norvegese intenti a modificare le tute degli atleti tra una serie di salti e l'altra. Le modifiche includevano l'aggiunta di fili rinforzati e materiali rigidi nella zona delle gambe, con l'obiettivo di migliorare l'aerodinamica e la stabilità in volo. Questi interventi, tecnicamente sofisticati, rappresentavano una chiara violazione delle regole stabilite dalla Federazione Internazionale: Marius Lindvik, medaglia d’argento, e Johann André Forfang, quinto classificato. Anche altri membri della squadra sono stati coinvolti, e i tecnici responsabili delle modifiche sono stati sospesi.

Il direttore agonistico Jan-Erik Aalbu, ha ammesso le irregolarità: "Abbiamo imbrogliato e deluso tutti coloro che amano questo sport, noi compresi", ha detto. L'allenatore Magnus Brevig ha definito l'episodio "un errore grave e deliberato". Gli atleti sapevano che quelle manovre sulle loro tute erano proibite? La federazione norvegese non ha rilasciato comunicazioni ufficiali, e in ogni caso avrebbero dovuto saperlo.

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Lars Baron//Getty Images

L'ultimo caso dell'atletica, quando 8 millimetri contano più di 160 chilometri

"Io non seguo con attenzione il mondo delle scarpe: ho corso con quello che credevo un modello da allenamento perché era più comodo", ha dichiarato Rajpaul Pannu, uno che nella vita fa l’insegnante di matematica a Denver e nel tempo libero vince il titolo statunitense sulle 100 miglia, correndo circa 161 chilometri in 11 ore 50 minuti e un secondo. A Henderson, la città del Nevada sede dei campionati, Pannu ha vinto staccando il secondo di un’ora e mezzo.

Ritirato il suo ricco premio di 1200 dollari e tornato dai suoi studenti in Colorado, Pannu è stato raggiunto squalifica (ne abbiamo parlato approfonditamente qui): aveva indossato il modello “Skyward X” di Hoka, provate per la prima volta una settimana prima della gara. Più comode delle “Rocket X2” che pensava di usare in gara ma che gli avevano provocato delle vesciche durante allenamento. Peccato che le “Skyward” non fossero soltanto “più comode”, ma anche più pesanti e soprattutto più alte: 48 millimetri nel tallone e 43 millimetri nell'avampiede, quando le norme di World Athletics prevedono per l’intersuola un’altezza massima di 40 millimetri.

Che Pannu fosse in buona fede è quasi scontato: non è un professionista, non ha neppure un allenatore, e di sicuro quegli 8 millimetri non gli hanno regalato i 90 minuti di distacco dal secondo classificato. "Riconosciamo che Rajpaul ha realizzato una prestazione straordinaria, ma come Campionato Nazionale siamo tenuti a rispettare le regole per garantire equità a tutti i partecipanti", hanno dichiarato i vertici della Federazione americana. "La prossima volta starò più attento", si è limitato a dire lui.

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Rajpaul Pannu (Foto Facebook)

Il fluoro sugli sci

"È stato un sabotaggio. Eravamo in una ski-room aperta, con l'accesso a molte persone. Quindi, qualcuno potrebbe aver fatto uno scherzo, uno stupido bruttissimo scherzo. Andremo a fondo…". Il commento di Gianluca Rulfi, direttore tecnico della nazionale femminile di sci alpino, scagiona del tutto Marta Bassino, che domenica 9 marzo è stata squalificata nello slalom gigante di Åre, in Svezia, a causa di un'eccessiva concentrazione di fluoro rilevata sulla soletta dei suoi sci.

Il fluoro è stato a lungo utilizzato nelle sciolinature per le sue proprietà idrorepellenti, che migliorano la scorrevolezza degli sci sulla neve. Tuttavia, a causa del suo impatto ambientale negativo, a partire dal 2023 è stato vietato dalla Federazione internazionale. "Noi non usiamo il fluoro", ha ribadito il dt Rulfi, e un successivo controllo sulla sciolina utilizzata dalla Bassino non ha rilevato tracce della sostanza. Resta il giallo, quindi, ma purtroppo resta anche la squalifica.