“SOGNA E SII PAZIENTE”. È la frase che Faith Kipyegon è divenuta un mantra, nei giorni dei grandi record e delle medaglie olimpiche, come in quelli più difficili. A Parigi, giovedì 26 giugno, Faith si è battuta come un leone per rincorrere e battere il suo sogno più grande: essere la prima donna a correre il miglio in meno di 4 minuti.

Nella sfida evento Breaking4, ha corso su una pista azzurra e viola, i suoi colori preferiti, nello Stade Charléty, che a lei aveva già consentito di conquistare due record mondiali, quello sui 1500 e quello dei 5000 metri.

Ha corso non solo per abbattere i suoi limiti, non tanto per un nuovo record, quanto per dimostrare che ogni cosa prima o poi è possibile, se ci si crede davvero.

Breaking4, la sfida "impossibile" di Faith Kipyegon

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Faith Kipyegon, Breaking4

In questa giornata straordinaria, la barriera dei 4 minuti sul miglio non è caduta, ma Faith ha migliorato ancora il suo tempo sul miglio correndo in 4 minuti 6 secondi 42 centesimi, oltre un secondo meno rispetto al suo record mondiale.

“Oggi volevo dimostrare che una sfida così difficile era possibile – ha spiegato Faith nella conferenza stampa post challenge – purtroppo non sono riuscita a rompere la barriera dei 4 minuti, ma sono orgogliosa di me per averci provato e per essere arrivata fin qui. In una gara come questa, sei per forza portato a dare tutto te stesso, perché non corri per una medaglia o un titolo, corri per te stesso, per dimostrare che puoi raggiungere i tuoi obiettivi”.

Breaking4, la gara e il record mancato

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Faith Kipyegon, Breaking4

La gara racconta innanzitutto di uno spettacolo emozionante. Oltre duemila persone assiepate nello stadio e provenienti da ogni parte del mondo per assistere al challenge. Dodici super atleti schierati intorno alla protagonista di questa sfida per proteggerla, supportarla e incitarla a correre più forte. E poi lei, piccolina, in mezzo a quegli atleti mastodontici, che si è battuta con grazia e con la forza di un leone. Uno spettacolo emozionante per chiunque.

Il suo primo giro è stato perfetto, ma già dal secondo il volto affaticato e un secondino di ritardo, avevano lasciato immaginare che qualcosa non stava andando per il verso giusto. Il terzo giro è stato la conferma di un ritardo ormai irrecuperabile, con le lucine verdi che segnavano il pace del record che si allontanavano sempre di più. L’ultimo giro, come era naturale, è stato quello più lento, il più faticoso, con Faith che ha chiuso con quasi 6 secondi e mezzo di ritardo rispetto all’obiettivo.

“Ho continuato a dare il massimo anche quando avevo compreso che non sarei riuscita a raggiungere l’obiettivo perché era giusto dare il massimo fino alla fine. Ho imparato molto da questa gara e ora analizzando i dati riuscirò a capire anche dove è ancora possibile migliorare”.

Breaking4, i 4 minuti sul miglio sono un limite ancora invalicabile per le donne?

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Faith Kipyegon, Breaking4

Troppi? Forse. Il suo record mondiale è stato limato di più di un secondo, ma forse troppo poco per un evento organizzato con questa attenzione. Per essere chiari, la sua era una sfida durissima. Limare 7 secondi e mezzo in una gara velocissima che dura solo 4 minuti è davvero complicato, soprattutto per una generazione di atleti che hanno sperimentato ogni marginal gain possibile per migliorare. Molto più difilale la sfida di Faith, di quanto fosse stata quella di Eliud Kipchoge. A lui era richiesto di migliorare del 2,1%, all’atleta keniana oggi era richiesto di migliorarsi del 3,5%.

Ci sarà sicuramente il tempo per analizzare i dati e capire cosa non ha funzionato, ma questo è il momento della gratitudine per Faith.

“Sono serena perché credo nelle mie possibilità. Ho imparato dal mio mentore Eliud Kipchoge che qualche volta si può fallire, ma poi si arriva all’obiettivo. Sono orgogliosa di me e grata per avere avuto questa opportunità. Sono convinta che prima o poi questa barriera cadrà”.

Breaking4, perché Faith Kipyegon ha vinto comunque

Certo, visto con gli occhi del “tifoso” questo può essere vissuto come un fallimento. Qualcuno lo aveva pensato anche quando Eliud Kipchoge nel 2017 aveva fallito l’obiettivo di correre la maratona in meno di 2 ore. Ma dinanzi a sfide che sono prima di tutto umane e poi sportive, l’occhio non può essere quello del semplice tifoso. Deve avere una maggiore profondità per comprendere cosa la sfida di una atleta keniana, che aveva cominciato a correre e a vincere le gare sulla terra battuta del suo Paese unicamente a piedi nudi, possa significare per il genere umano, per le donne, per quelle donne che vivono in Paesi dove la corsa può essere un mezzo per cambiare la vita, e anche per quelle donne che la corsa semplicemente non possono farla.

“Quando sono partita e ho salutato mia figlia e le ho detto che andavo a inseguire un mio sogno. Credo che tutti dobbiamo avere dei sogni e non dobbiamo mai smettere mai di sognare”.

La sua sfida ha il significato di una chiamata per tutte le donne e per ogni persona in generale a inseguire i sogni sempre e comunque. Perché ciò che oggi è impossibile, domani potrà essere realizzato. Lo stesso pensava Eliud Kipchoge che a poco più di due anni di distanza da Breaking2, ha realizzato il suo sogno e oggi è il primo (e per ora unico) essere umano ad aver corso la maratona in meno di 2 ore.

“Breaking4 è stato il mio obiettivo principale per quest’anno, ma guardo già a Tokyo e al Campionato del mondo. Non so se potrò correre i 1500 e i 5000 insieme, ma andrò lì per difendere il mio titolo”.

Breaking4, perché Nike ha vinto lo stesso.

La prima cosa che verrebbe da pensare è che un evento del genere sia stato un passo falso per Nike. Forse, sarebbe stato un passo falso prendere un record facile da battere e creare uno show per superarlo e prendersi tutti i meriti. Così come era stato in Breaking2, va dato merito a Nike di aver creduto in un progetto vero, difficile e (per ora) impossibile. Di averlo fatto con un obiettivo più grande del solo record: promuovere una cultura sportiva che si fonda sulla dedizione e sull’esempio.

Il sostegno a una donna del calibro di Faith Kipyegon è sicuramente un esempio importante, soprattutto in quelle aree del mondo dove correre non è solamente un gesto di benessere o di costume, ma può davvero cambiarti la vita.