È capitato più volte che atleti di alto livello si siano ritrovati con un problema di salute alla vigilia di competizioni importanti. Magari un banale raffreddore complicato da uno stato febbrile, che in ogni caso ha limitato la loro performance. La frase ricorrente è “che sfortuna!”, ma la colpa non è della cattiva sorte: ammalarsi dopo un periodo di allenamenti intensi in quantità o intensità, con aggiunta dell’ansia pre gara, rispecchia una diminuita capacità del corpo di opporsi alle malattie. La stessa situazione si verifica, con minor impatto emotivo, nei giorni che seguono una maratona: passa una mosca e ci si ammala, in genere rimediando un’infezione alle vie respiratorie superiori. Gli americani hanno addirittura coniato un termine, marathon sniffless – dove sniffles sta per “naso che cola” –, per fotografare la situazione classica che può verificarsi nelle due settimane che seguono una 42 chilometri.

A questo punto il runner si chiederà se veramente lo sport apporti salute, come si teorizza da più parti, o invece indebolisca dal punto di vista immunitario. Il grafico che riportiamo sotto fornisce una giusta riposta al quesito. In sintesi, un’attività fisica moderata, come correre circa un’ora quotidianamente, fa sì che il rischio d’incorrere in infezioni delle vie respiratorie sia inferiore per il runner rispetto al sedentario; un’attività fisica intensa lo pone, viceversa, a maggior rischio.

Questa è una immaginepinterest

I lunghi nel mirino

Il nostro corpo possiede un baluardo alle infezioni, il sistema immunitario, la cui efficienza determina una maggiore o minore protezione rispetto a microbi di vario tipo. Come riportato nell’edizione americana di Runner’s World dal dottor Michael Ross, direttore del laboratorio di performance di Cherry Hill, una corsa di 90 minuti o più implica un importante utilizzo di zuccheri (glicogeno) a carico dei muscoli, a scapito delle necessità energetiche del sistema immunitario e con conseguente “ridotta efficacia”.

Ross propone dunque di ridurre la quantità di chilometri a favore di allenamenti d’intensità – per esempio 8 ripetizioni di 4-5 minuti all’80% della velocità aerobica massima, con recupero di 2 minuti –, in modo da protrarre la seduta per tempi più brevi dell’ora e mezza. Si tratta di una proposta da valutare, che non può prescindere da allenamenti di lungo e lento nell’ambito della programmazione di una maratona, ma che suggerisce comunque di trovare una giusta miscela negli allenamenti che non dia priorità solo ai lunghi.

Aggiungo poi che oggi si cerca di abituare il corpo a sfruttare meglio i grassi della miscela zuccheri-grassi che si utilizza negli sforzi prolungati allo scopo di risparmiare gli zuccheri a vantaggio della performance. Un accorgimento che a questo punto va anche a vantaggio del sistema immunitario.

Oltre all’utilizzo del glicogeno ci sono altre cause per l’abbassamento delle difese immunitarie in regime di stress fisico e psichico, tra cui l’innalzamento del cortisolo, un ormone con azione catabolica, ossia “a effetto negativo sul corpo”.

Un problema di stress

Ho citato due esempi di cause che riducono l’efficienza dei meccanismi di difesa nello sportivo, ma partiamo comunque da un dato certo: gli atleti che affrontano competizioni importanti debbono gestire stress fisico e psichico con ripercussioni sul sistema immunitario. Molti ricercatori hanno infatti dimostrato un’alterazione nei parametri immunologici dei soggetti a più elevato rendimento agonistico.

Altrettanto certo è che l’origine delle alterazioni immunologiche indotte dall’esercizio fisico non è monofattoriale, ma legata a più cause. Allo stato attuale possiamo concludere che uno stress psicofisico eccessivamente intenso o protratto può portare a una situazione d’immunodeficienza documentabile clinicamente con forme infettive, normalmente banali, talvolta gravi. Sappiamo relativamente poco sulle cause ma prendiamo atto dell’evidenza.

Doppia barriera

Con una semplificazione estremamente di basso livello potremmo dire che la difesa immunitaria, ossia come il nostro corpo si difende dai “microbi” estranei, si sviluppa su due livelli: uno che potremmo definire naturale e generico, formato da barriere fisiche proposte dal corpo e dai fagociti, e uno acquisito, attraverso varie risorse tra cui, ad esempio, le immunoglobuline specifiche.

Le barriere fisiche sono innumerevoli, un esempio è il muco nelle vie respiratorie che imbriglia ed espelle gli agenti estranei. I fagociti sono cellule che intervengono “mangiando” elementi sconosciuti in modalità pressoché generica. Le forme acquisite sono più complesse. Cito solo le immunoglobuline specifiche che permettono di non contrarre più una malattia virale che ci ha colpito, oppure quelle indotte da un vaccino.

Imparare a difendersi

Ora vediamo ciò che più interessa il runner, ossia: che cosa fare. Per rinforzare la forma acquisita del sistema immunitario le vaccinazioni rappresentano un capitolo importante. Oggi si è tutti vaccinati contro molti agenti patogeni come l’epatite A o B, il tetano, la difterite, la poliomelite eccetera. Le frequenti infezioni delle vie respiratorie nel corridore impongono però di muoversi anche su vaccini non obbligatori, come il vaccino antinfluenzale e quei prodotti meno specifici, ma utilissimi, come gli immunostimolatori per il raffreddore e le sue complicanze (Broncho Vaxom, Ismigen, Biomunil eccetera). Consultate il vostro medico per consigli più specifici su entrambe le proposte.

Si è accennato, poi, al ruolo degli zuccheri in questo fenomeno. Questo rappresenta già una proposta di prevenzione, ma bisogna cercare anche di limitare le possibilità d’infezione. Lavarsi costantemente le mani è un comportamento che nel pre e post maratona deve assolutamente essere programmato. Va inoltre evitato, nella vita normale e mentre si corre, di toccarsi bocca e naso (basta tenere in tasca fazzoletti di carta da utilizzare una volta sola).

Altra precauzione è incrementare l’assunzione di antiossidanti sia tramite frutta e verdura che con utilizzo d’integratori mirati allo scopo. Questo è particolarmente importante nelle 72 ore che seguono una maratona o una mezza maratona.

Il dott. Andrew Weil, direttore dell’Arizona Center di medicina integrativa, ha proprio pubblicato su questo tema raccomandazioni in merito all’utilizzo di legumi, pesce, alimenti ricchi di fibre e vitamine, cibi con grassi “sani” come avocado, olive, noci. Consiglia poi una modesta quantità di cioccolato amaro! Il dottor Lewis G. Maharam, autore di Running Doc’s Guide to Healthy Running, guida alla corsa in salute, puntualizza anche il ruolo essenziale del riposo per il recupero della fatica fisica, andando ad analizzare come un sonno inferiore alle 6 ore comporti una riduzione del potere immunitario, specie dopo allenamenti o competizioni importanti.

Potrebbe interessarti anche:

Yoga e stretching: le posizioni post corsa

Lo stress psichico è infine un capitolo che potrebbe interessare il runner indipendentemente dallo sport. Qui occorrerebbe crearsi una sorta di corazza, ma le personalità sono soggettive e non tutti ci riescono. Alcune tecniche si sono rivelate estremamente valide a tale scopo: cito la meditazione, il training autogeno, lo yoga e il massaggio. Sono abitudini che potrebbero portarci ad affrontare situazioni stressanti come il correre la maratona, con minori effetti negativi sul sistema immunitario