Se vuoi davvero fare una buona seconda parte di stagione, non hai altra scelta che recarti a luglio o ad agosto almeno 15-20 giorni in montagna. Non è consigliabile passare in città tutta l’estate con temperature torride e umidità elevata. Hai bisogno di un clima rilassante, che renda meno faticoso lo svolgimento degli allenamenti impegnativi.

L’ideale sarebbe allenarsi e soggiornare a un’altezza di circa 2.000 metri, in una località che abbia a disposizione anche una pista d’atletica. Dal punto di vista teorico, una possibilità sarebbe anche quella di risiedere ad alta quota (almeno 2.500 m) e di allenarsi a una quota più bassa (1.300/1.500 m). Tale scelta comporta però uno stress logistico che in alcuni casi può vanificare tutti i vantaggi dell’altura. Il disagio degli spostamenti può infatti compromettere il riposo e il recupero, due aspetti che hanno una importanza fondamentale nella preparazione di ogni atleta. Anche prevedendo due alloggi, le esperienze già fatte consigliano di ponderare con attenzione questa soluzione. I continui trasferimenti creano uno stress psicofisico non indifferente. In definitiva è meglio vivere e allenarsi a un’altezza intorno ai 2.000 metri.

Se non hai la possibilità di andare così tanto in quota, scegli comunque una località di montagna per le tue vacanze, anche se più bassa. Ti garantirà condizioni climatiche e ambientali migliori, e anche se non godrai dei vantaggi fisiologici dell’altura, ricaricherai comunque le “pile” per il mese di settembre, invece di scaricarle nel caldo e nell’afa dell’estate.

Come reagisce il corpo alla corsa in altura

Con il soggiorno in altura si ottiene un aumento del massimo consumo di ossigeno e della potenza aerobica, grazie all’incremento della concentrazione di emoglobina (proteina specializzata nel trasporto dell’ossigeno nel sangue) e dell’ematocrito (rapporto tra parte corpuscolata e parte liquida del sangue, in altre parole tra globuli rossi e plasma). Queste modificazioni avvengono inizialmente per la riduzione del volume plasmatico e, poi, per l’incremento del numero di globuli rossi (emopoiesi).

La bassa pressione parziale dell’ossigeno sollecita la liberazione da parte del rene dell’ormone eritropoietina, che ha un picco di produzione dopo 2/4 giorni di altitudine e un’entità di incremento che dipende dall’altezza (150-200% dei valori presenti a livello del mare a una altezza di 2.000/3.000m).

Grazie al soggiorno in altura in alcuni atleti è possibile riscontrare un aumento dei globuli rossi di circa 1 milione per ml di sangue, dell’ematocrito del 3-5% e dell’emoglobina di 2/4 grammi per 100 ml di sangue.

La risposta è comunque individuale e ci sono runner (comunque pochi) che non ottengono alcun beneficio dal soggiorno montano. Talvolta, soprattutto alle prime esperienze, l’altura può creare uno stress “ormonale” che vanifica lo stimolo dell’altitudine.

Inoltre, è bene ricordare che in altura non è possibile eseguire lavori di grande qualità a causa della bassa saturazione di ossigeno nel sangue e degli elevati valori di lattato. Inoltre, gli atleti che salgono in quota con adeguate scorte di ferro (ferritina) tornano quasi sempre a livello del mare con un aumento dell’emoglobina e dell’ematocrito; se invece le scorte di ferro non sono adeguate, i miglioramenti possono essere inferiori o nulli. Anche chi inizia l’altura in una situazione di overtraining non avrà vantaggi dal rimanere in montagna.

Gi adattamenti fisici alla corsa in altura

Correre in quota è più faticoso, ma gli adattamenti che il nostro corpo mette in campo in risposta all’altura alla fine aumentano la cilindrata del nostro motore.

Adattamenti cardiorespiratori

A causa della diminuzione della pressione parziale di ossigeno si verifica un aumento della ventilazione per garantire un’adeguata ossigenazione dei tessuti. All’aumentare dell’altezza, diminuisce anche la saturazione dell’ossiemoglobina e, di conseguenza, gli scambi di ossigeno fra il sangue e i tessuti muscolari.

Adattamenti cardiovascolari

Il volume plasmatico diminuisce molto rapidamente con l’esposizione all’altura. Questo comporta un aumento dell’ematocrito al fine di aumentare l’ossigenazione dei tessuti. Gradualmente il volume plasmatico si ripristina, mentre aumenta la liberazione di eritropoietina dal rene che stimola la produzione di globuli rossi.

A causa della diminuzione del volume plasmatico e della gettata sistolica, si verifica un incremento della frequenza cardiaca. Dopo alcuni giorni di soggiorno in altura diminuiscono le richieste cardiovascolari per il miglioramento dell’ossigenazione tissutale.

Negli allenamenti in condizioni di massimo impegno si registra però sempre una diminuzione della frequenza e della gettata cardiaca, oltre che un calo nella diffusione dell’ossigeno nei tessuti. Questo fenomeno comporta una diminuzione del massimo consumo di ossigeno e del lavoro aerobico.

Adattamenti metabolici

A causa della diminuzione degli scambi ossidativi, a ogni livello di lavoro si verifica una produzione di lattato maggiore che a livello del mare. Tuttavia ai massimi carichi di lavoro la lattacidemia (concentrazione di acido lattico nel sangue) è più bassa, probabilmente perché l’intensità di lavoro possibile in altura è più bassa. Il massimo consumo di ossigeno (VO2max) diminuisce dell’11% per ogni 1.000 metri di quota sopra i 1.600 m.

Adattamenti muscolari

Si verifica un aumento della densità dei capillari che migliora la circolazione sanguigna nei muscoli. Al di sopra dei 2.500 m calano i livelli di enzimi muscolari e di conseguenza diminuisce la produzione di ATP nei muscoli, sia per via aerobica che anaerobica.