Le condizioni di Edoardo Bove, il calciatore della Fiorentina vittima di un malore durante la partita con l’Inter, sembrano migliorare. Già il primo bollettino medico aveva "escluso danni acuti a carico del sistema nervoso centrale e del sistema cardio respiratorio". Le notizie arrivate stamani dall’Ospedale Careggi di Firenze, in attesa del nuovo bollettino, dicono che il ventiduenne romano "è lucido e in grado di parlare con medici e familiari".
Il caso di Bove, nella stessa giornata in cui un esperto runner francese è morto dopo un malore a 600 metri dal traguardo della maratona di Torino, ha sollevato una serie di domande.
Caso Bove: consigli per runner
La prima, ovvia: come possono succedere episodi del genere in atleti sottoposti a regolari visite mediche? "Si tratta di due vicende molto diverse – spiega Flavio Doni, cardiologo, medico sportivo e maratoneta -. Il runner è probabilmente morto per un infarto. A volte, nelle arterie di chi pratica sport di resistenza, possono formarsi delle placche calcifiche assolutamente non pericolose. Tuttavia, lo sforzo che si produce durante una corsa prolungata come una maratona provoca uno stato di infiammazione che può “rompere” la placca, producendo un trombo che porta a uno stato di fibrillazione ventricolare. Per questo da qualche tempo si consiglia ai runner, che di per sé non sono soggetti a rischio perché conducono una vita sana e attiva, di assumere prima della gara una compressa di cardioaspirina che protegge dai fenomeni infiammatori. Io stesso, prima della maratona di Honolulu, ne assumerò una…".
Nel caso di Bove, non ci sono ancora certezze sull’origine del malore. Secondo quanto scritto da “Repubblica”, il calciatore è stato defibrillato nel corso del tragitto in ambulanza e all’arrivo in ospedale aveva "livelli di potassio bassi". Per quanto riguarda la natura del malore, il referto iniziale parlava di un arresto cardiaco dovuto a una “torsione di punta”: un tipo di aritmia per cui il cuore batte in maniera irregolare e rapida.
Caso Bove: cosa potrebbe essere accaduto
"La dinamica dell’evento sembra escludere un evento neurologico – continua Doni – Bove avrebbe dovuto crollare in maniera immediata, repentina. Invece ha avuto alcuni secondi in cui, prima di cadere, è sembrato muoversi come imbambolato: una situazione compatibile con una tachicardia ventricolare veloce, una condizione in cui il cuore può arrivare a 250 battiti al minuto. Una frequenza che non gli consente di riempirsi e svuotarsi. È quasi un paradosso, ma un cuore che batte così velocemente è come se fosse fermo: dopo 10-20 secondi la circolazione rallenta progressivamente, il sangue non arriva al cervello e il soggetto perde conoscenza. L’unica salvezza possibile è la defibrillazione, anticipata da un massaggio cardiaco che copra il tempo necessario all’arrivo del defibrillatore. È esattamente quello che è successo a Firenze. Per questo è importante che, soprattutto in ambito sportivo, si allarghi la conoscenza delle tecniche di base che consentano di sapere che cosa fare in casi come questi. A Firenze l’ambulanza era ai bordi del campo, ma in condizioni normali possono volerci 8-10 minuti prima che arrivino i soccorsi. Un tempo che porta la vittima a morire o a essere cerebralmente persa".
Il calo di potassio può essere stato determinante? "Quando il potassio si abbassa moltissimo provoca un sovvertimento dell’attività elettrica del cuore che può degenerare in fibrillazione ventricolare – spiega Doni – Mi sembra però un’eventualità improbabile nel caso di Bove: il potassio cala naturalmente in condizioni di pesante dissenteria o di ipersudorazione. A Firenze la partita era cominciata da un quarto d’ora e l’ambiente era freddo. Quindi se c’è stata una riduzione importante vuol dire che pre-esisteva una condizione patologica in grado di provocarla".
Caso Bove: si poteva prevenire?
Ma davvero non è possibile prevedere in anticipo una crisi come quella di Bove? "Nonostante i controlli – ha detto a “La Stampa” Giuseppe Capua, membro della Commissione medica della Federcalcio - alcune condizioni o alcuni eventi possono non dare segnali prima e si manifestano improvvisamente. Quindi, non sempre abbiamo gli strumenti per prevenire tutto. Può sembrare banale, ma non si può prevedere completamente quello che può succedere a un atleta dentro o fuori dal campo".
"Stiamo parlando di persone giovani, allenate e controllate dal punto di vista medico – aggiunge Doni – Questi sono eventi aritmici primari che non hanno alle spalle una specifica patologia cardiaca. Dopo il malore di Bove si è ricordata inevitabilmente la morte di Davide Astori, provocata da una cardiopatia aritmogena dovuta a una situazione genetica che provoca la rottura delle connessioni tra le cellule cardiache. Le connessioni, per usare il linguaggio più semplice possibile, vengono sostituite da cicatrici che possono provocare il cortocircuito elettrico che porta alla fibrillazione ventricolare. La verità è che la ricerca in questo campo è ancora in corso: sui difetti a livello cellulare sappiamo alcune cose, ma altre ci sono ancora oscure. Ad esempio, soltanto 30 anni fa abbiamo scoperto l’esistenza della Sindrome di Brugada, una patologia che porta le cellule cardiache a produrre scintille che possono portare a un corto circuito elettrico…".
Questo, ovviamente, non significa che le visite preventive siano inutili. Anche e soprattutto per l’attività sportiva amatoriale. "I controlli sono un’arma importante – ha spiegato a “Repubblica” Simone Vanni, direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina dello Sport dell’Università di Firenze - Dall’82 in Italia sono obbligatori e la mortalità si è molto ridotta". Le cause più comuni di morti durante l’attività sportiva "sono le cardiomiopatie – spiega Vanni - Quella più diffusa è la ipertrofica, che si vede anche con l’ecografia. Poi ci sono alcune aritmie, come quella che potrebbe riguardare questo caso, non associate ad anomalie anatomiche ma solo a problemi elettrici". Come si intercettano queste aritmie? "I test genetici possono rivelarsi decisivi".
Per Daniele Andreini, primario di cardiologia all’Ospedale Galeazzi di Milano, il malore di Doni "era difficilmente prevedibile. L’aritmia non si può vedere prima. A volte invece si può intercettare la causa scatenante. Ci sono aritmie, anche maligne, che possono intervenire in cuori sani sul piano strutturale", ha detto alla “Gazzetta dello Sport”. Gli esami cui Bove sarà sottoposto nei prossimi giorni potranno fare chiarezza: "Nella stragrande maggioranza dei casi gli esami svelano qual è stato il problema: se una cicatrice al cuore, un accumulo di grassi, una coronaria anomala. La sola situazione che può provocare un arresto cardiaco senza alcun segno è la cardiopatia artitmogena. È rarissima, ma può capitare".
Fa discutere anche il numero apparentemente alto degli atleti colpiti da malori cardiaci. Qui l’opinione degli esperti non è concorde. "Lo sforzo fisico intenso provoca un rilascio di adrenalina collegato con l’aumento di probabilità di aritmie", sostiene Vanni. "Non credo che sia questo – replica Capua - Secondo me, vale la legge dei grandi numeri: ci sono tanti atleti ad alto livello e purtroppo qualcuno di essi può essere vittima di eventi patologici non prevedibili".
Il dottor Flavio Doni è medico specialista in Cardiologia e Cardiologo dello Sport, nonché maratoneta. Da sempre appassionato di running, è responsabile del Running Center presso Poliambulatorio il Sole di Cinisello Balsamo