Molti runner hanno l’abitudine di gareggiare praticamente ogni domenica, creando stagioni agonistiche che durano senza soluzione di continuità anche per anni. Solo un infortunio o un improrogabile impegno di lavoro e famiglia possono interrompere questa infinita sequenza di gare e allenamenti.

Se non l’hai ancora fatto concediti almeno 3 settimane di "riposo attivo". Ti permetteranno di controllare il tuo stato di salute, di curare gli infortuni e anche di fare il punto sulle tue qualità tecniche. Il riposo è "attivo" perché prevede il mantenimento di una minima attività mentre effettui il tagliando della carrozzeria. Gli atleti di livello staccano sempre la spina fra una stagione agonistica e l’altra, perché non dovresti farlo anche tu?

Comincia dalla carrozzeria

Dopo anni di corsa è praticamente impossibile non avere qualche infortunio da sovraccarico o qualche fastidioso problema che rimane silente per periodi più o meno lunghi e che poi si ripresenta puntuale alla prima occasione. Questo è il momento giusto per indagarli e cercare di risolverli definitivamente, così da affrontare in tranquillità le corse di primavera.

C’è infatti tutto il tempo che serve per effettuare gli accertamenti e adottare un adeguato programma di terapie, riabilitazione e prevenzione. In prima battuta, rivolgiti a chi ha esperienza nella traumatologia da sovraccarico dei runner perché una diagnosi corretta è fondamentale per guarire da qualsiasi infortunio. Ovviamente anche gli accertamenti radiologici (ecografie, RMNC, TC) dovranno essere di qualità. Sappi poi che se dovessero prescriverti un ciclo di infiltrazioni con acido ialuronico o PRP, questo è il periodo migliore per effettuarlo. Lo stesso vale per gli interventi chirurgici ortopedici e per i trattamenti invasivi legati alla lombosciatalgia, che sono meglio accettati in inverno piuttosto che nel pieno della stagione di gare. Qui di seguito analizzeremo nello specifico come è bene procedere nel caso dei due problemi dei runner più comuni: la tendinopatia dell’achilleo e la lombalgia/sindrome retto adduttoria.

Focus sui tendini

Il tendine d’Achille è il punto debole di tantissimi runner e alcune ricerche indicano che soffre di tendinopatia sino al 52% degli atleti di alto livello. In generale, i più colpiti sono i runner di media età, dai 30 ai 50 anni. I tendini trasmettono la forza dei muscoli all’osso tramite le fibre di collagene. Hanno un’elevata resistenza alla trazione ma una scarsa elasticità e, con l’aumentare dello stress a cui sono sottoposti, vanno incontro a una progressiva degenerazione. C’è un largo margine fra il carico di allenamento che porta al normale adattamento e il carico che porta invece a una lesione tendinea, ma purtroppo spesso il runner esagera con quantità e qualità dei lavori.

Dobbiamo anche dire che oggi si preferisce parlare di “tendinopatia” piuttosto che di "tendinite" perché gli esami non evidenziano segni di infiammazione, bensì di tendinosi, ovvero di una degenerazione del tendine. L’istologia mostra infatti la separazione delle fibre collagene, l’aumento dei tessuti idrofilici, una neovascolarizzazione e l’assenza di cellule antinfiammatorie. La parte del tendine interessata può essere la porzione inserzionale a causa del "conflitto" con la sporgenza della parte postero-superiore del calcagno (calcagno di Haglund) e la conseguente formazione di depositi di liquido (borse) tra il calcagno e il tendine (borsite pre achillea) o tra il tendine e la cute (borsite post achillea), oppure la porzione mediale o la giunzione muscolo-tendinea. Il punto di massimo dolore e rigonfiamento nella tendinopatia della parte mediale del tendine d’Achille si trova a 2-6 cm sopra il punto di attacco del tendine sul calcagno. Nella tendinopatia da sovraccarico si riconoscono tre fasi che si susseguono una dopo l’altra. Inizialmente si ha la fase reattiva, caratterizzata da un incremento dei glucosaminoglicani (GAGs), molecole che richiamano acqua nella matrice non collagena: ecco spiegato l’ingrossamento del tendine che avviene nella fase acuta, senza che vengano interessate le fibre di collagene. Se il sovraccarico continua, si passa alla seconda fase in cui si assiste alla disorganizzazione della struttura tendinea, che può essere più o meno reversibile. L’ultimo stadio, il terzo, è invece la fase degenerativa del tendine, che è irreversibile.

Come prevenire e curare le tendinopatie dell’achilleo

Oltre che sulla corretta scelta della scarpa, la prevenzione della tendinopatia si basa sull’esecuzione regolare degli esercizi di stretching e di quelli eccentrici.

Esercizi di stretching - I muscoli del polpaccio devono essere allungati tutti i giorni. Il deficit di flessibilità della muscolatura del polpaccio è uno dei principali fattori predisponenti all’infortunio del tendine d’Achille. Soprattutto lo stretching del tricipite surale deve essere eseguito giornalmente, correttamente e in quantità adeguate. Non hai fatto stretching se non hai ripetuto i classici esercizi almeno 10 volte ciascuno! Se dopo anni di corsa il tuo muscolo soleo è fibrotico, oltre allo stretching dovrai fare periodicamente della fibrolisi diacutanea.

Esercizi eccentrici - Già nel 1984 William D. Stanish aveva proposto per la prevenzione e la terapia delle tendinopatie l’esercizio eccentrico di "heel-drop", nel quale si sale su un gradino, ci si solleva sulle punte di entrambi i piedi e quindi si porta verso il basso un piede e si solleva il controlaterale, per poi risalire con l’aiuto dell’altro piede. Håkan Alfredson, dell’Università di Umea, in Svezia, aveva poi rivisto il protocollo riabilitativo e sottolineato che l’eventuale dolore durante l’esecuzione degli esercizi è una componente normale del processo di guarigione. Il protocollo consiglia l’incremento del carico degli esercizi nel momento in cui non si sente dolore, usando ad esempio uno zaino come sovraccarico. Gli esercizi consigliati sono due, heel-drops a ginocchio esteso e heel-drops a ginocchio flesso, da effettuarsi in gran numero, sino a 180 ripetizioni in totale al giorno e per un periodo di 6/12 settimane. Se il programma è efficace va poi mantenuto per almeno un anno. Questo carico ripetitivo sull’unità muscolo-tendinea è uno stimolo meccanico che aumenta la capacità del tendine di assorbire le sollecitazioni della corsa.

Scarpe e calze - Chi ha problemi di pronazione eccessiva deve prestare attenzione anche alle scarpe con cui corre. Se l’appoggio non è corretto da una scarpa stabile e/o da una ortesi plantare, il tendine d’Achille si "avvita" durante l’azione di corsa subendo enormi sollecitazioni tra la fase di contatto del piede sul terreno (intrarotazione eccessiva della tibia) e la fase di stacco (extrarotazione della tibia). Il danno si crea soprattutto nel 3° medio del tendine, poco sopra il calcagno, che è quello meno vascolarizzato. Oltre alle scarpe giuste, possono essere d’aiuto anche le calze compressive da running che contribuiscono a sostenere il tendine d’Achille durante la corsa.

Focus sulla schiena

Il mal di schiena nel runner può presentarsi come classica lombalgia, come lombosciatalgia o sciatalgia, come sindrome delle faccette articolari o per un canale vertebrale ristretto. Normalmente il runner che soffre di mal di schiena lamenta la mancanza di controllo dell’arto inferiore durante la corsa; contrattura o lesione dei flessori del ginocchio (ischio crurali) o del polpaccio; oppure dolorabilità agli adduttori o all’inguine (sindrome retto adduttoria). Comune è la sensazione di debolezza della gamba.

È colpa della corsa?

La pratica del running può essere la causa del mal di schiena? Non esiste un’evidente correlazione tra la corsa di resistenza e la lombalgia. Molti runner hanno ernie discali e corrono gare impegnative senza problemi, altri hanno piccole protrusioni e lamentano sempre problemi. Spesso la corsa fa da cassa di risonanza per problemi posturali legati alla posizione con cui si sta seduti in ufficio o in automobile. Un’evidente correlazione c’è invece con i fondi su cui si corre: quelli collinari o di montagna, con salite e discese ripide, scatenano il mal di schiena molto più facilmente di quelli pianeggianti. Ecco perché per sopportare nel tempo l’allenamento su questo tipo di tracciati così come la preparazione di distanze impegnative come la maratona, anche in piano, dobbiamo avere una muscolatura del "core" (muscoli stabilizzatori della parte centrale del corpo) molto forte. Una corsa ad alto impatto (con il ginocchio quasi esteso all’appoggio del piede sul terreno), un’eccessiva lordosi lombare e/o la mancanza di stabilità del bacino rendono necessaria l’esecuzione quotidiana degli esercizi di core stability. Inoltre per prevenire il mal di schiena è importante anche allungare con esercizi di stretching i muscoli che normalmente sono retratti nel runner: ileo psoas, tensore della fascia lata, rotatori esterni dell’anca, ischio crurali, retto femorale e soleo.