A lanciare il sassolino nello stagno è stato nientedimeno Usain Bolt: ingiusto, secondo lui che si battano record (per inciso i suoi) nell'atletica, con scarpette che ai suoi tempi non esistevano.
Non abbiamo ancora ben compreso le potenzialità e i limiti che ruotano intorno alle scarpe con piastra in fibra di carbonio, che già si torna a parlare di “super scarpe”. Il fenomeno non è ancora esploso, ma serpeggia da oltre un anno negli ambienti della pista. Perché questa volta quando si parla di “super scarpe” non si intendono le calzature da maratona più tecnologiche, ma le tradizionali chiodate che da quasi un centinaio di anni sono le compagne degli atleti di velocità e mezzofondo veloce.
A guardarle bene, le calzature coniate nell’epoca in cui le tradizionali piste di atletica leggera erano ricoperte di cenere, non sono cambiate tantissimo da quelle degli ultimi 20 anni. Una prima rivoluzione si ebbe a partire dagli anni ’60, quando i fondi morbidi delle piste vennero sostituiti da superfici sintetiche spugnose. Gli atleti del mezzofondo e del fondo hanno iniziato a segnare tempi di molto più veloci, facendo impallidire i loro predecessori. Ma i principi e le forme delle scarpette sono rimasti pressoché gli stessi. Ora tutto rischia di cambiare bruscamente. Guarda caso, questa evoluzione è legata a doppio filo con quella vissuta a partire dal 2016 per le calzature da maratona... le tanto discusse e ricercate scarpe con la piastra in fibra di carbonio.
Curiosamente, quando vennero presentate le prime scarpe da maratona con questa tecnologia, da più parti si era enfatizzato un elemento: nello studiare quelle intersuole con piastre rigide ci si era ispirati alle scarpette da pista, tradizionalmente più rigide per massimizzare la spinta del piede.
Ora, al contrario, si insiste sul fatto che le chiodate di nuova generazione si ispirino alle Vaporfly di Nike e a tutta la generazione di scarpe che sono seguite. La realtà è che design e tecnologie si mescolano continuamente per mano di progettisti che, giustamente, trascorrono le loro giornate a sperimentare e provare nuove soluzioni utilizzando tutti i materiali che sono in loro possesso. Le nuove super scarpe sono state introdotte un po’ in sordina fin dal 2019 alla vigilia del mondiali di atletica, e da quel momento hanno accompagnato un numero crescente di atleti nel ritoccare praticamente tutti i record di mezzofondo, dai 3.000 in su. Joshua Kiprui Cheptegei, indossando le Nike Dragonfly ha realizzato i due nuovi record mondiali dei 5.000 (nella foto) e 10.000 in pista.
Inutile dire che a lanciare il primo sassolino è stata Nike. L’obiettivo erano le Olimpiadi di Tokyo 2020, nelle quali il brand americano avrebbe decisamente dominato, non fosse stato per la pandemia. Il rinvio ha consentito a diversi brand di riportarsi alla pari. Cone le Olimpiadi rinviate di un anno, anche altri marchi hanno lavorato ai loro prodotti super tecnologici, New Balance ha già un paio di super scarpe, così come adidas ha sperimentato sulle piste americane un nuovo modello che è in uso a Tokyo. Lo stesso ha fatto Asics, che pure si era presentata all’appuntamento olimpico con un paio di chiodate iper tecnologiche... le Meta-sprint Tokyo, più dedicate ai velocisti. Nonostante i molti record caduti, fino ad oggi questa rivoluzione si è attuata piuttosto in sordina, anche se era inevitabile che prima o poi la questione sarebbe esplosa ai massimi livelli. Mentre Puma si è presentata con un nuovissimo modello studiato addirittura con i tecnici della Mercedes AMG Petronas di F1 per presentare in tempo per i Giochi le Evospeed Tokyo Future Faster+.
Ma sarà davvero merito delle scarpe se tanti atleti stanno migliorando i loro personali? Difficile a dirsi, almeno per ora. Di certo, l'evoluzione tecnologica avanza inesorabile. E anche la Puma che indossava il mitico Usain Bolt non erano paragonabili alle Nike o alle Mizuno di Carl Lewis. Come è accaduto per le calzature da maratona, queste evoluzioni animeranno un grande dibattito e spingeranno la World Athletic a prevedere regolamentazioni sempre più puntuali per evitare che scelte trascendano. Proprio qualche mese fa Nike ha ritirato una delle sue super scarpe per i velocisti. (Per la cronaca, Marcell Jacobs indossava delle Nike MaxFly, come altri 3 atelti iscritti alla finale. Qualcuno dice che possano avergli dato un vantagggio fino a 8 centesimi di secondo. Lui avrebbe confidato che sono più scomode in partenza, ma si rivelano importanti nel finale)
Polemiche, sospetti e insinuazioni si erano già verificati agli ultimi Europei indoor, disputati in Polonia, dove quasi ogni atleta Nike sfoggiava le super scarpette. Le indossavano 5 dei 6 vincitori delle gare di mezzofondo. Inoltre, pochi giorni prima, il britannico Elliot Giles aveva letteralmente frantumato il record nazionale di Sir Sebastian Coe sugli 800 metri correndo in 1’43”63. Il primato che resisteva da 38 anni è stato battuto per un secondo ed è il secondo tempo indoor più veloce della storia. Aveva ai piedi le nuove Nike Victory. Marc Scott, altro atleta Nike, aveva abbassato di 46 secondi il suo miglior tempo sui 10.000 diventando secondo solo a Mo Farah nella classifica britannica di tutti i tempi.
Questo è bastato a far esplodere il dibattito sulle nuove tecnologie, anche se molti esponenti di primo piano del mondo dell’atletica continuano a minimizzare. Lo stesso Coe si è complimentato per la crescita di Giles e per il nuovo record. Piuttosto c’è chi è più portato a pensare che la sequenza di nuovi primati sia dovuta a due fattori: il primo è che nel 2020 erano attese le Olimpiadi e molti atleti avevano programmato di raggiungere il top della forma e delle performance; il secondo è che il programma delle gare è stato fortemente ridimensionato nel 2020 a causa del Covid, lasciando più spazio per la preparazione agli atleti.
Cosa rende queste scarpe così uniche e potenzialmente più veloci?
La ricerca sulla biomeccanica aiuta a capire meglio cosa sta succedendo all’in- terno di queste scarpe. La tecnologia delle piastre in fibra di carbonio è stata trasferita nelle leggerissime e aderenti scarpe chiodate, e unita all’uso di schiume ad altissimo ritorno di energia.
Le intersuole, che tradizionalmente rivestivano minore importanza, oggi sono il focus della scarpa.
In passato l’intersuola aveva raramente spessori superiori ai 15 millimetri, ora World Athletics ha dovuto introdurre una regola generale che impone uno spessore massimo di 30 mm, poi modificata a 25 mm per tutti gli eventi su pista oltre i 400 metri. Gli esperti affermano che il vantaggio rispetto a una chiodata tradizionale potrebbe essere limitato all’1-1,5%, che in una gara di 1.500 metri equivale a circa 15 metri, non pochi.
I modelli oggi sul mercato
Nike ha introdotto le super scarpe fin dal 2019, ma è nel 2020 che ha presentato l’intera collezione con l’avveniristica Air Zoom Viperfly (sotto), modello per gli sprinter che però la stessa Nike ha recentemente messo da parte.
Nike Air Zoom Maxfly. Elastica e reattiva per la velocità. Sono le scarpe indossate dal vincitore dei 100 metri Marcell Jacobs alle Olimpiadi di Tokyo. Piastra in carbonio e un peso di osli 161 grammi per la taglia 10Us.
Per le distanze medie è stata ideata Air Zoom Victory (sotto), con piastra e una intersuola in schiuma Pebax molto reattiva.
Per le lunghe distanze è stata creata la Dragon-fly (sotto), meno estrema e più ammortizzata, ma grazie al mix di carbonio e Pebax in grado di fornire una grande reattività.
New Balance risponde con la nuova New Balance FuelCell MD-X (sotto). Il design è innovativo e la piastra consente una rapida spinta reattiva ad ogni passo.
Puma ha studiato con i tecnici della Mercedes AMG Petronas di F1 il modello Evospeed Tokyo Future Faster+ (sotto).