La periodizzazione è cruciale nella preparazione fisica del trail runner. Per esprimerci al massimo delle nostre potenzialità nelle corse off-road ci serve un piano di allenamento ben strutturato, che tenga conto non solo delle date in cui si svolgono le gare, ma anche delle nuove conoscenze relative ai metodi di allenamento, delle distanze, dei dislivelli e dei terreni che ci troveremo ad affrontare.

Qui di seguito ti presento tre diversi tipi di periodizzazione, adatti alle diverse esigenze dei trail runner. Ogni approccio presenta vantaggi e limiti. La chiave è adattarli alle proprie esigenze e alle caratteristiche delle gare che si vogliono preparare, il che può significare anche incrociare i diversi metodi e andare fuori dagli schemi. Nel trail running la flessibilità rimane fondamentale per gestire al meglio allenamenti e competizioni.

Trail running, come funziona la periodizzazione tradizionale

Questo tipo di gestione dell’allenamento, chiamata anche lineare, è un classico negli sport di resistenza e divide la stagione in un “periodo base”, caratterizzato da volumi elevati e bassa intensità, seguito da una “fase specifica” durante la quale si ha una riduzione del volume e un aumento dell’intensità, che porta il trail runner a “familiarizzare” coi ritmi di gara.

Questo genere di periodizzazione è particolarmente adatto ai trail runner che preparano gare su distanze brevi come vertical, skyrace e trail corti, e quando le competizioni sono concentrate nei mesi estivi, durante i quali si possono fare richiami di volume e forza. La scarsa flessibilità della preparazione tradizionale la rende invece poco adatta per la preparazione di lunghe distanze.

Trail running, come funziona la periodizzazione inversa

Questo approccio inverte lo schema tradizionale: si inizia con allenamenti ad alta intensità e basso volume, per poi aumentare il volume e ridurre l’intensità nella fase più specifica. È particolarmente indicato per preparare trail lunghi e ultra trail, migliorando
la potenza del “motore” in periodi lontani dalle gare e allungando poi progressivamente le distanze.

Richiami di velocità possono essere utili durante la stagione o quando i volumi si fanno maggiori, ma richiedono esperienza. Il rischio più alto è quello di esagerare con l’intensità nella fase iniziale, rendendo fondamentale partire già in buone condizioni fisiche.

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Jan Hetfleisch//Getty Images

Trail running, come funziona la periodizzazione a blocchi

Utilizzata molto nello sci di fondo e nel ciclismo, sta guadagnando popolarità anche nel trail running. Si può interpretare in due modi. Il primo prevede l’inserimento di una settimana di alta intensità (fino a 5 sedute) ogni 3-4 settimane di periodizzazione lineare. Il secondo di dedicarsi a una specifica intensità in ogni mesociclo di allenamento. Per un ultra trail, ad esempio, un primo blocco può focalizzarsi sul VO2 max, un secondo sulla soglia anaerobica, un terzo sulla soglia aerobica, un ultimo sul ritmo gara su terreno specifico.

In ogni blocco, ci si allena esclusivamente a una certa intensità, con in aggiunta solo allenamenti di mantenimento o recupero. I benefici includono una progressione chiara e il miglioramento sequenziale delle capacità fisiche. Esiste però il rischio di monotonia, o peggio, di sovraffaticamento se si insiste troppo su un’unica intensità.

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