"Ho cominciato a correre quando sono scappato di casa". Le strade che portano a un record del mondo possono essere lunghe e tortuose, tutte a loro modo bellissime. Quella di Antonio Rao, classe 1933, primatista mondiale di maratona per la categoria over 90 ha un fascino particolare.

Antonio ha corso i 42 chilometri in 6 ore, 14 minuti e 44 secondi. Lo ha fatto a Roma, quella che da decenni è diventata la sua città d’adozione, alla fine di una storia iniziata in Calabria molto tempo fa. "Avrò avuto 11-12 anni – ricorda – e un giorno sono andato di corsa da Polistena, il mio paese in provincia di Reggio, fino a Nicotera: sono 24 chilometri. L’ho fatto per andare al mare, la mia altra passione, dopo la corsa. Ai miei amici avevo chiesto di non dire niente a nessuno. Quando sono tornato c’era papà che mi cercava: quella è stata la mia prima maratona, ma alla fine non mi hanno fatto i complimenti né dato medaglie. Erano tutti furibondi…".

Antonio, quelli erano tempi difficili. Correre non era precisamente una priorità…
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Eh no. Non c’erano soldi neppure per studiare, io mi ero fermato alla quinta elementare. Ma non era poi così tutto brutto: mi arrampicavo sugli alberi e correvo. Avevo un amichetto più veloce di me, non riuscivo a prenderlo mai. Chissà che fine ha fatto: da quando sono venuto a Roma non l’ho più visto".

Che cosa l’ha portata nella capitale?
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Il bisogno di lavorare. Mio padre è morto a 51 anni, mio fratello faceva il calzolaio qui e io l’ho raggiunto. Facevo il garzone e ogni tanto scappavo: andavo di corsa fino al Tevere e facevo il bagno. Non era il mare, certo, ma era meglio di niente. Poi mi sono accorto di essere bravo: mi sono specializzato in scarpe da donna. Erano gli anni d’oro di Cinecittà: ho fatto scarpe per Ava Gardner, Liz Taylor, Dorian Gray. Il mio livello era quello lì".

Dopo che cosa è successo?
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I bei tempi sono finiti, il mercato è entrato in crisi e io avevo famiglia. Così ho dato l’esame di terza media e mi sono messo a fare concorsi. Nel ’62 sono entrato alla Cotral, l’azienda dei trasporti. È stata la mia fortuna: avevo lo stipendio, la mutua, la tranquillità. Facevo i turni, così potevo andare a correre. Avevo un collega che si allenava: ogni volta che potevo, andavo con lui".

Come è arrivato a gareggiare?
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Un giorno rincorrevo un autobus da una fermata all’altra, e andavo più forte di lui. Mi ha visto uno dell’Atletica Monte Mario, una grande persona che non c’è più. Si chiamava Franco Vagni: mi guarda correre vicino al pullman e si dice 'Anvedi questo?'. Mi ha portato nella sua squadra e da allora non me ne sono più andato".

Qualche anno fa, in Inghilterra, girava la storia di Wilf Cooper, un signore della sua età che andava a fare le mezze maratone senza dirlo alla moglie: “Se no si preoccupa”, spiegava. A casa sua sono tutti contenti che lei vada a correre?
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Certo che sono contenti, perché non dovrebbero esserlo?".

Non saprei: un filo di preoccupazione, come la signora Cooper. Alla sua età, spesso, si fa fatica a camminare…
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Ma no. Io ho due figli, cinque nipoti e due pronipoti. Sanno che se corro sono felice: la corsa porta via i cattivi pensieri. Quando si corre non si pensa, si corre e basta".

Quante maratone ha corso, in vita sua?
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Non saprei, non le ho mai contate, ma quelle di Roma le ho fatte tutte. Anzi, tutte meno una: un anno mi sono ritirato al ventisettesimo chilometro. Non ho voluto neppure la medaglia: fermarmi non mi piace, io voglio correre".

Corre soltanto a Roma? Mai andato fuori?
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Come no. Nel 2010 sono andato a Vienna con la squadra, per fare una sorpresa a Edda, mia moglie".

Che sorpresa?
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Era il nostro anniversario di matrimonio, il cinquantesimo. Dopo la maratona abbiamo festeggiato. Ah, quella volta sono arrivato terzo".

Sia sincero, in tutti questi anni sua moglie non le ha mai detto: “Dai, Antonio, adesso basta correre”?
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Mai. Noi non abbiamo mai litigato: io senza Edda non sarei niente. Ci siamo conosciuti da ragazzi, ed era destino che le cose andassero bene. Le racconto una cosa: noi siamo due fratelli che hanno sposato due sorelle. Quando ho fatto vedere al mio futuro suocero le foto dei miei genitori lui ha guardato mio padre e ha detto: 'Ma questo lo conosco, da soldati ci giocavamo le sigarette al fronte'. Avevano fatto la Grande Guerra insieme. Era scritto che le nostre famiglie si unissero: anche se io vengo dalla Calabria e mia moglie arriva da Recanati. Si chiama pure Leopardi di cognome…".

Per correre le maratone bisogna prepararsi bene. Lei come si allena?
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Faccio due allenamenti alla settimana, più la gara della domenica. Sempre, anche in vacanza. Non tanto: 15-20 chilometri per volta".

Segue una dieta particolare?
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Mangio cose normali, come tutti. Purché siano fresche: io sono uno da 'cotto e mangiato'. La roba riscaldata non mi piace".

Mai avuto un infortunio, un doloretto, un po’ di mal gambe come noi comuni mortali?
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Beh, sì. Ogni tanto qualche acciacchino ce l’ho pure io. Mi curo andando al mare, anche d’inverno. I cavalloni mi fanno i massaggi. Una volta un tale ha detto a mia moglie: 'Ma chi è quel matto che fa il bagno con questo freddo?'. E lei, un po’ arrabbiata: 'Quel matto è mio marito che fa la sua terapia'".

Antonio, lei ha battuto un record del mondo. Che effetto le fa pensare che sulla Terra non c’è nessuno come lei?
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Mi spiace".

Perché le spiace? Non è contento?
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Mi spiace per gli altri. Vorrei che anche loro capissero che la corsa fa bene alla vita".