“Un uomo vale, se sa ascoltare la voce della montagna: quella che parla dentro, quella che invita ad andare oltre, fino alla prossima avventura”. Queste parole del grande alpinista Francesco Santon sono state la mia bussola una volta accettata la partecipazione alla TransGranCanaria 2024.

Mi ricordavano qualcosa di familiare. Ulisse. Che torna e ritorna. Parte e riparte. Non solo l’Ulisse di Omero ma anche quello di Dante, che supera le colonne d’Ercole. Mia madre è romana, di origine greca e mio padre è un alpino di Asiago (Piovene Rocchette a essere precisi, il paese di Orlando Pizzolato) per cui mari e monti, monti e mari, non sono mai mancati a casa: dal campeggio nautico alla vela, dagli sci ai sentieri del monte Summano che cuando ga’ el capeo… o che piove o che fa’ beo.


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Il personaggio di Ulisse è sempre stato fondamentale nella mia famiglia perché è un marinaio che viene dai monti (gli fa dire Guccini nella canzone Odysseus: “Bisogna che lo affermi fortemente che certo non appartenevo al mare, anche se Dei d'Olimpo e umana gente mi sospinsero un giorno a navigare…”) e perché fonde tutte le caratteristiche fondamentali del viaggiatore e del cittadino del mondo, spesso suo malgrado.

È proprio in quel malgrado che sta il senso di tutto. Mi spiego: quando abbiamo una grande passione, un grande amore, un grande legame con qualcosa, qualcosa che conosciamo molto bene, la nostra Itaca insomma… rischiamo di limitare poi la nostra fame di scoperta. Non metto certo in discussione l’importanza di avere una Itaca, quale che sia, ma credo fortemente che (vado sul banale lo so) l’importanza del viaggio non sia la meta ma il viaggio stesso. Una Itaca è quindi fondamentale, a patto che la si possa (e voglia) lasciare a volte, per godere “della gioia infinita di entrare in porti sconosciuti prima” come dice sempre il nostro Guccini ispirandosi alla poesia Itaca del greco Kavafis. Lasciarla Itaca, per poi avere come sogno quello di tornarvi, rafforzato nelle scoperte e nella consapevolezza di sé.

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Courtesy Photo
Sebastiano Gavasso durante gli allenamenti per la Transgrancanaria

Beh, conoscendo molto bene l’isola Itaca (Ithaki in greco) con il suo mare e i suoi sentieri complessi e meravigliosi, per me Gran Canaria sarà in questo senso una nuova Itaca. Non ci fosse stato l’aereo avrei dovuto raggiungerla superando le Colonne d’Ercole… già questo sarebbe valso il biglietto, sperando poi di non finire come l’Ulisse di Dante. O magari anche sì. Fatti non fummo a viver come bruti in fondo.

Dopo 7 maratone posso dire a me stesso: “Fatto non fosti per correre solo in piano, ma per seguir sentieri e conoscenza!” Belle parole, certo. Ma in pratica? Come si affronta il nuovo? Come si esce dalla zona di comfort rappresentata dalla classica maratona (e quando la maratona rappresenta il comfort, c’è da preoccuparsi) ai 46,4 km della TGC MARATÓN, con D+: 1.875m e D-: 2.892m?

Come ci si prepara… e come ci si tutela?

Qui arriva il bello. Qui arrivano le soluzioni ai problemi, o meglio, l’unica via per trovare una soluzione ai problemi: gli amici. Che nello sport spesso sono rappresentati anche dagli esperti, dai coach, dai mentori, dai maestri intesi come coloro che ti indicano la via maestra: il nord, the North (Face) della tua bussola. Virgilio per Dante, tutto torna.

E quindi? Libri acquistati e libri regalati dagli amici che affrontano il mondo del trail e dell’endurance a 360gradi (da Trail running: from start to finish di Graeme Hilditch a Ultra di Michele Graglia e Folco Terzani) ; l’utilissima app Runna che mi mette in contatto con Anya Culling, atleta della nazionale inglese (2h34min in Maratona!) e coach straordinaria che mi crea una scheda e mi segue passo passo; le videochiamate di ore con il grandissimo Henri Aymonod, el Hombre Vertical, con mille sfide vinte, due coppe del mondo di corsa in montagna (overall e vertical) e un sorriso, un umiltà e un entusiasmo nel darmi consigli e strategie che non potrò mai dimenticare.

Tutto questo è stato e continua ad essere fondamentale. I grazie da pronunciare sono moltissimi, immancabile quello a Rosario Palazzolo e a The North Face per avermi coinvolto in questa TrailOdissey. Il grazie più grande però lo devo ai miei Virgilio di Santa Marinella: Daniele Ballarini ed Eduardo Festa.

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Daniele Ballarini ed Eduardo Festa, i compagni di allenamento di Sebastiano

"Ma a Santa Marinella non c'è il mare?"

Approfondita tutta la parte teorica, messi per iscritto i consigli e i suggerimenti, definita la scheda, meravigliosamente protetto dal materiale tecnico fornitomi da The North Face e dai bastoncini Grivel, restava il problema più concreto: sono a Santa Marinella. C’è il mare. Fantastico. Correre sul lungomare è meraviglioso. Le 7 maratone le ho preparate sempre al mare: Itaca d’estate, Santa gli altri mesi. Ma in vista dei D+1875D-2892… che ci faccio?!

Poi, una mattina mi son svegliato: “Oh, bella, ciao sono Daniele, sono di Santa Marinella, ho visto sui social che ti stai allenando per la TGC, io qui sono l’unico che fa trail e sto preparando due 50K: ti va di allenarci insieme qualche volta?"

Fossi stato Ulisse, questo sarebbe stato un dono dell’Olimpo! Ma non è l’unico! Passa qualche giorno, posto una storia Instagram legata al trail e mi arriva un altro messaggio: “Ciao sono Eduardo, sono un trail runner. Mi sono trasferito da poco a Santa Marinella e non trovo trail runner con cui allenarmi, ti va di farci qualche sentiero assieme?”

La scoperta delle colline romane

E così, ho i miei mentori che mi svelano che a 3 chilometri da casa abbiamo colline sconfinate dove si corre tra i cavalli tolfetani, le mucche, i lupi. Dove si corre tra terra, fango, erba, sassi, rocce, sole, vento e pioggia. Dove il dislivello esiste! Ma soprattutto dove si possono trascorrere ore e ore immersi nella natura, nel silenzio volendo, ma è così bello interromperlo per parlare con chi sta correndo con te! E quante domande ho da far loro! E quante risposte!

Come mettere il piede, come gestire i rifornimenti, come prevedere le necessità e gli infortuni (una degli elementi che differisce di più dall’allenamento su strada, dove sei comunque nel bene e nel male nella civiltà), come essere in sicurezza, per potersi divertire ancora di più ed essere ancora più spensierati. Quando spingere, quando e come andare, quando rallentare, quando rinunciare.

Il tutto si fonde meravigliosamente con domande e riflessioni sulla vita, sul lavoro, sullo sport, sulla cucina, le vacanze, gli amori, la Roma, il Milan, il cinema, il teatro, le vongole, la cucina vegetariana, i libri…

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A Santa Marinella ci si può allenare per un ultratrail

Il trail moschettieri

Dal solitario Ulisse dell’Odissea… mi ritrovo a vivere l’avventura dei Trail Moschettieri! Ps. Non mi avevano detto che 34km di trail (l’ultimo lungo fatto qualche giorno fa) equivalgono a due maratone classiche come fatica (fisica e mentale) ma che danno la soddisfazione e le scoperte di quattro maratone (fisiche e mentali) e poi… “Aho, Ulisse?! Sei voluto uscire dalla zona di comfort? Hai voluto superare le colonne d’Ercole?! Stacce! Uno per tutti, tutti per uno!”