Quella di Juan Carlos Zabala, per tutti gli argentini “Zabalita”, o “The Creole Nandu” per gli appassionati di miti e leggende a cinque cerchi, è una storia di vita percorsa in salita e di riscatto sociale.

Un bambino rimasto orfano precocemente che cresce nel posto giusto, assistito e aiutato a sviluppare il proprio talento anche attraverso la pratica sportiva; che poco più che ragazzo diventa il primo campione olimpico dell’atletica sudamericana, per giunta in una disciplina che si nutre di fascino e mito: la maratona.

Storia del running: Zabala, una vita in salita

Zabalita nasce a Rosario, centro nevralgico di vita e affari della provincia di Santa Fe, l’11 ottobre 1911. Il destino gli presenta presto il conto: famiglia di origini umili, che nemmeno può godersi perché i genitori lasciano questo mondo poco dopo la sua nascita. Dopo anni misteriosi, dove si suppone abbia vissuto anche in strada, il bambino viene accolto alla Colonia Ricardo Gutiérrez di Marcos Paz, una sessantina di chilometri a sud ovest di Buenos Aires.

È un centro che offre rifugio e assistenza ai bambini senza casa, ma di lì a poco diventa tanto di più, e per capirlo basta soffermarsi su come viene descritto ancora ai giorni nostri: «Uno spazio dipendente dal Ministero dello Sviluppo Sociale dove si svolgono attività ricreative… Bambini e adolescenti partecipano a laboratori di panificazione, giardinaggio, ceramica e riciclaggio… e a giornate comunitarie in cui si apprezza il contatto con la natura e lo svago».

1932: juan carlos zabala of argentina overtakes a canadian runner to win the marathon event in the 1932 olympic games, held in the crowded streets of los angeles. (photo by schirner/hulton archive/getty images)pinterest
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Zabala e il canadese Clifford Bricker

Storia del running: Zabala e il riscatto nello sport

Il Centro è diretto da un uomo di profonda sensibilità e larghe vedute, José Amatuzzo. È lui che negli anni Venti decide di trasformare quello che originariamente era un semplice riformatorio in luogo di “speranza, educazione e opportunità professionali”. Un progetto che naturalmente non può prescindere dai valori dello sport.

Nel 1925 la struttura viene dotata di una pista regolamentare, e Amatuzzo affida la crescita fisica e morale dei suoi ragazzi a un insegnante austriaco, Alexander Sterling, ex specialista di salto in alto e salto con l’asta. È lui ad accorgersi che quel Zabalìta ha una marcia in più, e a scommettere sul suo futuro da campione.

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Zabalita in azione

Storia del running: Zabala subito in luce

Non ha torto, l’austriaco. Zabalita brucia le tappe, diventa presto il più talentuoso mezzofondista argentino e lo dimostra nel 1931, ad un anno esatto dall’appuntamento olimpico di Los Angeles. In quell’anno si laurea campione sudamericano dei 10.000 metri e si prende il primato mondiale dei 30 chilometri in pista, correndo in 1:42’30”4. D’accordo, è una distanza tutto sommato desueta e la maratona è un’altra faccenda: ma ad ottobre il ragazzo festeggia i vent’anni andando fino in Slovacchia, a Kosice, per vincere la Maratona Internazionale della Pace.

Il “crono” è significativo: 2:33’19”. Juan Carlos fa davvero sul serio, al punto da trasferirsi a Los Angeles parecchi mesi prima dell’appuntamento olimpico, a cui è naturalmente convocato dalla federazione del suo Paese. Un segno inequivocabile: come il suo coach, anche lui è convinto di poter lasciare il segno.

Storia del running: il grande assente Paavo Nurmi

Il 7 agosto 1932, sulla pista del Memorial Coliseum si ritrovano in pochi, ma più che buoni. Nei giorni di vigilia aveva destato scalpore la notizia della presenza del più grande di tutti, Paavo Nurmi, deciso a mettersi in gioco sui 42 chilometri (distanza coperta una sola volta, alle qualificazioni preolimpiche di giugno, e nemmeno completata).

Dopo nove ori e tre argenti conquistati alle Olimpiadi, il finlandese è determinato a mettere i titoli di coda alla sua leggenda con l’ennesima impresa da regalare ai posteri. Ma la federazione internazionale gli spezza i sogni di gloria a tre giorni dall’appuntamento, squalificandolo per recenti vicissitudini da professionista.

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Il gruppo al via della maratona olimpica di Los Angeles 1932

La Finlandia accusa il colpo, ma presenta al via un altro pezzo da novanta, Armas Toivonen, che due anni dopo diverrà il primo campione europeo sulla distanza, oltre a Lasse Virtanen, che in pista ha già collezionato due bronzi nei 5.000 e 10.000 metri. Gli altri favoriti sono l’americano Albert Michelsen, che detiene il primato del mondo in 2:29’01”8, il britannico Sam Ferris, il canadese Clifford Bricker, il giapponese Seiichiro Tsuda.

L’Italia porta in gara Michele Fanelli e Francesco Roccati. I maratoneti sudamericani non hanno una tradizione sulla distanza: le cose migliori le ha fatte il cileno Manuel Plaza, argento ad Amsterdam nel 1928, ma per gli specialisti argentini, brasiliani e colombiani è un debutto assoluto.

Storia del running: Zabala stremato ma vincente

Fa un caldo torrido, quel 7 agosto a Los Angeles. Ma “Zabalita” è abituato al caldo. Il messicano Margarito Pomposo ci prova, è davanti a tutti a metà gara, ma è un fuoco di paglia. Poco alla volta, i migliori escono allo scoperto, e l’argentino è tra loro. Intorno al venticinquesimo chilometro guadagna anche un minuto sugli altri, ma viene ripreso e resiste agli attacchi dei favoriti. Ci prova Virtanen, poi il britannico Wright. Ma a cinque chilometri dal traguardo, Zabala allunga nuovamente e soltanto Sam Ferris prova a tenerlo a vista. Sembra fatta, ma si sa che la maratona non fa sconti fi no all’ultimo metro: il ragazzo va in crisi, il britannico recupera secondi preziosi.

(original caption) 8/9/1932 los angeles, ca supported by officials, juan zabala of argentina holds the flag of his country and sobs after winning the marathon event of the los angeles olympic games.pinterest
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“Zabalita”, stremato, è sostenuto dai suoi allenatori al termine della maratona olimpica di Los Angeles 1932


L’entrata al Coliseum è spettacolare: i primi quattro, a un certo punto, sono tutti sulla pista. Ma “Zabalita” resiste: seppure stremato, taglia il traguardo con diciannove secondi su Ferris e trentasei su Toivonen. Trionfa in 2:31’36”, prendendosi anche il primato olimpico. Un limite destinato a essere superato quattro anni dopo, a Berlino, da Son Kitei, coreano costretto dagli eventi a correre sotto la bandiera giapponese. Ma c’è un record che Zabala porterà sempre con sé: a vent’anni e 301 giorni è il più giovane maratoneta a conquistare la medaglia olimpica. Nessuno prima, e soprattutto nessuno dopo di lui.

Storia del running: Zabala, poche vittorie ma buone

Una meteora, seppure premiata con un oro olimpico. Dopo una breve squalifica per “professionismo”, Juan Carlos Zabala riparte e ci riprova quattro anni dopo, a Berlino, non più allenato da Stirling ma da Arthur Lambert. Ma la magia è finita: conquista il sesto posto nei 10.000 metri, ad oltre un minuto di distacco dal trio finlandese che riempie il podio: Salminen, Askola e Iso-Hollo. Nella maratona incespica malamente a metà gara, compromettendo la sua prova e ritirandosi al trentunesimo chilometro. A fine carriera avrà messo alle spalle soltanto cinque 42 chilometri, e soltanto due vissute da “finisher”. Entrambe vinte, però: Kosice e Los Angeles. Nello stesso 1936, il 19 aprile, l’ultima fiammata a Monaco: il primato mondiale dei 20 km, in 1:04’00”2, abbattendo il precedente limite fissato sei anni prima da Nurmi.

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La cerimonia di consegna della World Athletic Heritage Plaque, riconoscimento della Federatletica internazionale riservato agli atleti che hanno dato un contributo inestimabile alla storia dell’atletica leggera

Storia del running: la giornata del maratoneta

Per gli argentini, il 7 agosto è entrato nella storia della corsa di lunga lena. Sedici anni dopo Zabala, nella stessa data tocca a Delfo Cabrera conquistare un altro oro olimpico sulla distanza: 7 agosto 1948, Londra. Da allora, ogni anno si festeggia la “Giornata del Maratoneta”, ricordando “Zabalita” e Delfo, colonne portanti della specialità, ancora oggi fonti di ispirazione per i runner di quel Paese. Già nel 1939, appena sette anni dopo il trionfo in California, la storia di quel piccolo orfano diventato campione all’orfanotrofio di Marcos Paz era materia per un film, “Y mañana serán hörbares”. Sul finire del secolo scorso, gli è stato conferito alla memoria il titolo di “Atleta argentino del secolo” per quanto riguarda il mondo dell’atletica leggera. L’ultima festa in ordine di tempo è andata in scena un anno fa, proprio alla Colonia Ricardo Gutiérrez, dove World Athletic lo ha onorato dedicandogli la WA Heritage Plaque, riconoscimento riservato agli atleti che hanno dato un contributo inestimabile alla storia della disciplina. Una cerimonia emozionante, alla presenza di Magdalena e Ana Maria, figlie di “Zabalita”, di Delfo Cabrera Jr., figlio dell’altro pezzo di storia olimpica della maratona argentina, e di Frank Shorter, oro a Monaco 1972 e argento a Montreal 1976. Degno finale per un piccolo grande uomo che ha scritto una pagina indelebile della storia dell’atletica.