Chi non conosce le virtù della dieta mediterranea? Se ne parla da decenni e non c'è runner che non la conosca. Fa bene al cuore, combatte le malattie, favorisce la longevità. Gli esperti la amano perché è semplice e flessibile, a differenza di tante diete complicate e restrittive. Con la dieta mediterranea, tutto ciò che si deve fare è concentrarvi sul consumo di proteine magre (soprattutto pesce e carne bianca), con molta frutta e verdura fresca, cereali integrali, grassi insaturi e, se lo si desidera, un po’ di vino. Non è una semplice dieta: è uno stile di vita. Eppure, alcuni esperti hanno iniziato a criticare il limite geografico di questa dieta che si estende ben oltre i confini di Italia e Grecia. Come si nota da qualsiasi mappa, la regione mediterranea include ben 22 Paesi, tra cui Tunisia, Bosnia ed Erzegovina, Slovenia e Siria. Escludere queste culture alimentari dalla nostra definizione di dieta mediterranea scoraggia il consumo di un’ampia varietà di sapori incredibili oltre che salutari. Quindi, perché limitarsi?
Le origini della dieta mediterranea
Nessuno possiede i diritti della dieta mediterranea, ma esiste uno studio in particolare che l’ha concepita. Nel 1950, le malattie cardiovascolari erano una delle principali cause di morte nei Paesi occidentali e gli scienziati volevano scoprire perché. Dopo alcuni anni di ricerca, hanno iniziato a stabilire un collegamento tra salute cardiovascolare e alimentazione. Questo ha portato, nel 1958, al lancio del Seven Countries Study, una massiccia analisi interculturale di come il cibo e lo stile di vita influissero sulla salute del cuore. Ancel Keys, un fisiologo dell’Università del Minnesota (USA), ha guidato la ricerca e con il suo team ha studiato gruppi provenienti da Stati Uniti, Finlandia, Paesi Bassi, Italia, Grecia, Jugoslavia e Giappone. I risultati di questo studio hanno portato a conclusioni rivoluzionarie per l’epoca: un minore apporto di grassi saturi era associato a tassi più bassi di malattie cardiache. Keys appurò che i partecipanti provenienti dall’Europa meridionale (in particolare dai Paesi del Mediterraneo) e dal Giappone mostravano una minor incidenza di problemi cardiocircolatori. La scoperta ebbe eco in tutto il mondo e Keys divenne una celebrità scientifica, apparendo sulla copertina della rivista Time nel gennaio 1961.
Per quanto il Seven Countries Study sia stato importante dal punto di vista della ricerca, i critici ne hanno da subito sottolineato i limiti, vale a dire le dimensioni troppo ridotte dei campioni coinvolti, la mancanza di dati completi riferiti alla dieta seguita e, inoltre, i soggetti dello studio erano principalmente bianchi e/o europei di mezza età. Durante lo studio, Keys e sua moglie Margaret, una biochimica che condusse parte del lavoro in laboratorio, scrissero due libri diventati poi bestseller: Eat Well And Stay Well, nel 1959, e La Dieta Mediterranea. Come mangiare bene e stare bene (Slow Food Editore) nel 1975. Le ricette contenute in ciascuno di essi potrebbero essere inserite in un qualsiasi libro di cucina mediterranea di oggi: antipasti semplici come melone e prosciutto, una frittata spagnola e una zuppa di lenticchie alla greca. I coniugi abbracciarono lo stile di vita mediterraneo e acquistarono persino una seconda casa in un piccolo villaggio di pescatori in provincia di Salerno, dove hanno vissuto e lavorato per oltre tre decenni. E la loro alimentazione e il loro stile di vita li hanno certamente aiutati ad avere una vita longeva: Keys morì poco prima del suo 101° compleanno e Margaret visse fino ai 97 anni. Eppure, avrebbero potuto vivere altrettanto bene in Giappone. Il Seven Countries Study ha infatti rilevato che anche i partecipanti giapponesi, che seguivano un modello alimentare molto diverso da quelli greco e italiano, avevano un rischio minore di cardiopatie coronariche.
Nella prefazione del secondo libro, gli autori hanno spiegato la decisione di non evidenziare nei loro scritti i benefici per la salute della dieta tradizionale giapponese. È stata una “fortuna”, hanno scritto, che i Paesi da loro studiati includessero Italia e Grecia. Se la ricerca si fosse concentrata su Giappone, Corea e Taiwan, “sarebbe stato difficile applicare i risultati al benessere degli americani” perché “le loro cucine sono semplicemente troppo lontane dal patrimonio del mondo occidentale per risultare accettabili dalla maggior parte delle persone”. Il mondo orientale in quegli anni era troppo esotico per la società occidentale. La dieta mediterranea era l’equivalente di un americano che viaggiava in Europa o in Australia: diversa, ma non così sconosciuta da metterlo a disagio.
Dieta mediterranea, la famosa piramide
Per qualche motivo, quando si tratta di spiegare i concetti nutrizionali amiamo le piramidi. Nel 1993, appena un anno dopo che il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) ha introdotto la sua Piramide Alimentare, l’organizzazione no-profit Oldways ha reso pubblica la propria con l’obiettivo di “ricercare e promuovere un’armonia tra modelli alimentari tradizionali, agricoltura sostenibile, alimentazione e bevande sane”. Da allora Oldways ha pubblicato piramidi dietetiche africane, latino- americane e asiatiche, ma originariamente ha scelto di concentrarsi sulla dieta mediterranea per il suo supporto scientifico. Diversamente da quella dell’USDA, la piramide di Oldways presentava una sezione per i fagioli e i legumi, separava il pesce dalla carne rossa magra, includeva l’olio d’oliva e le olive nella categoria “da consumare quotidianamente” e la sua rappresentazione non è lontana dalla maggior parte delle rappresentazioni eurocentriche della dieta odierna. Sopra la piramide, a caratteri molto piccoli, si menziona che in altri Paesi, tra cui Marocco, Tunisia, Turchia, Libano e Siria “esistono varianti di questa dieta ideale”. Dopo il successo della piramide di Oldways, apparsa in centinaia di riviste e libri di testo sulla nutrizione, iniziò - verso la metà degli anni ’90 - l’espansione dei libri di cucina mediterranea (attualmente ci sono più di 20.000 titoli su Amazon) e le vendite di olio d’oliva aumentarono vertiginosamente.
Tornare ai vecchi modi di mangiare
La missione dichiarata di Oldways, allora come oggi, era di “ispirare le persone ad abbracciare le gioie sane e sostenibili dei vecchi modi di mangiare”. In The Oldways Table si dice che il gruppo ha abbracciato la dieta anche per la sua familiarità. «Questo accadeva circa 30 anni fa e, da allora, molte cose sono cambiate dal punto di vista culturale e sociale – afferma Sara Baer-Sinnott, presidente di Oldways –. Crediamo che non ci sia un modello che vada bene per tutti». Soprattutto perché il mondo oggi si “muove”, siamo tutti migranti. Ecco perché le migliaia di libri di cucina e guide sulla dieta mediterranea non rappresentano in modo corretto tutte le regioni coinvolte. Il ricettario della dieta mediterranea in 30 minuti, che conta più di 7.500 recensioni su Amazon, contiene immagini di salmone, di cui non esistono specie selvatiche nei fiumi che sfociano nel Mar Mediterraneo.
Numerosi libri di cucina hanno copertine che includono l’avocado, un frutto originario dell’America Centrale. I piatti di pasta sono presenti molto più spesso rispetto a quelli di riso. In occasione di uno studio statunitense del 2020, sono state intervistate diverse persone in merito ai loro cibi preferiti della dieta mediterranea: l’insalata greca e il tabbouleh (insalata libanese a base di prezzemolo con bulgur, cipollotti e menta tritati, pomodori e cetrioli conditi con succo di limone e olio di oliva) si sono classificati ai primi posti. Da nessuna parte però viene nominata la slata mechouia, un piatto a base di verdure grigliate onnipresente in Tunisia. Oppure il bosanski lonac, lo stufato ricco di verdure che è un alimento base in Bosnia ed Erzegovina. Oppure l’ajdovi žganci, il tradizionale porridge di grano saraceno integrale consumato in tutta la Slovenia. Tutti questi piatti, ciascuno incredibilmente nutriente, potrebbero tranquillamente trovare posto in tavola e sulla copertina di un libro di cucina mediterranea. E il loro consumo potrebbe avere effetti positivi sulla salute.
Diete alimentari “stile med”
L’attenzione sulla dieta mediterranea definita in senso stretto ha lasciato poco spazio negli anni ad altri regimi alimentari altrettanto salutari. Alcune organizzazioni sanitarie si sono orientate verso diete alimentari “stile med” maggiormente inclusive, che enfatizzano gruppi alimentari principali (come “pesce e frutti di mare”) piuttosto che ingredienti culturalmente specifici (come il salmone). «È un ottimo passo in avanti per far evolvere l’originaria dieta mediterranea di Keys - sostengono i critici - perché la risposta non è eliminare la dieta mediterranea o incoronare un’altra dieta come “la migliore in assoluto”. Ma piuttosto ampliare la definizione di dieta sana, diversificarla, così da includere i tanti cibi unici e deliziosi provenienti da tutto il mondo e sapere che ciò che è nel tuo piatto può cambiare e cambierà nel tempo». Una dieta limitata rende anche il mangiare meno divertente.
Il nutrizionista Dezi Abeyta vede la diversificazione della dieta come un’opportunità per aggiungere più nutrienti e più sapore. Ad esempio, invece della pasta o del pane, i carboidrati nel tuo piatto potrebbero essere i soba giapponesi, le patate dolci del sud, il riso speziato vietnamita, il fufu nigeriano o le tortillas messicane. Abeyta consiglia di «fare amicizia con altre culture, imparare da loro e spezzare il pane insieme». E questa potrebbe rappresentare la dieta migliore in assoluto.
Nuovi sapori dal mondo
Fai il pieno di proteine magre, frutta e verdura a volontà, fagioli e cereali ricchi di fibre, noci e grassi sani: queste linee guida per un’alimentazione sana non sono specifiche di un solo Paese. Il nutrizionista Dezi Abeyta propone quattro modi per ampliare la tua alimentazione.
Menù giapponese
Proteine magre
- Diversi tipi di pesce (come salmone, tonno e sgombro) e frutti di mare
- Tofu
Frutta e verdura
- Alghe
- Funghi
- Patate dolci giapponesi
- Ravanelli
- Cetrioli
Cereali integrali
- Riso
- Noodle
Legumi e noci
- Miso (semi di soia fermentati)
- Fagioli di soia
Grassi sani
- Salmone
- Sgombro
Spezie
- Wasabi
- Zenzero
- Semi di sesamo
Piatti che hanno un po' di tutto
- Riso al forno con miso, tofu e funghi
- Colazione giapponese: pesce alla griglia, riso al vapore, zuppa di miso e altri contorni
Menù egiziano
Proteine magre
- Pollo
- Coniglio
Frutta e verdura
- Datteri
- Fichi
- Uva
- Cipolle
Cereali integrali
- Riso
- Pita
Legumi e noci
- Fave
- Lenticchie
- Ceci
- Piselli
Grassi sani
- Olive
- Tahina
Spezie
- Cumino
- Coriandolo
- Cardamomo
Piatti che hanno un po' di tutto
- Ful medames: stufato di fave con olio di oliva, prezzemolo, cipolla, aglio e limone
- Koshari: un mix di riso, pasta, ceci e lenticchie con salsa di pomodoro speziata
Menù messicano
Proteine magre
- Tacchino
- Pollo
- Anatra
- Selvaggina
Frutta e verdura
- Peperoni
- Zucca
- Pomodori
- Cipolle
- Patate
- Guava
- Fichi d’India
Cereali integrali
- Tortilla
- Riso
Legumi e noci
- Semi di zucca
- Semi di chia
- Fagioli
Grassi sani
- Avocado
Spezie
- Peperoncino
- Coriandolo
- Cumino
Piatti che hanno un po' di tutto
- Tacos di pesce alla griglia con tortilla di mais, insalata di cavolo e avocado
- Pozole di pollo: zuppa con hominy (granella di mais bollita), pollo e condimenti vari
Menù portoricano
Proteine magre
- Merluzzo
- Maccarello
- Pollo
Frutta e verdura
- Banana platano
- Yuca
- Yam
- Frutto del pane
- Manioca
Cereali integrali
- Riso
- Farina di mais
Legumi e noci
- Fagioli (neri, bianchi, rossi, gialli)
Grassi sani
- Noci di cocco
- Nocciole
Spezie
- Annatto
- Adobo (condimento)
- Aglio
Piatti che hanno un po' di tutto
- Asopao di pollo: uno stufato saporito con pollo e riso
- Arroz con gandules e lechón: riso con piselli piccanti e maiale arrosto